“Torna l’apertura ma, in Provincia, ai cacciatori si danno in pasto solo e sempre vecchie polemiche riciclate. La gestione della fauna selvatica da noi, sembra ritornata all’età della pietra. Parlano di caccia per assicurarsi di sopravvivere a se stessi e sfuggire al pensionamento per più che oltrepassati limiti di età di dirigenti di un tempo che fu.
La gestione degli ATC è sempre avvolta da “nebbie”, mentre crescono le distanze degli interessi del mondo agricolo. Non si investe in riproduzione naturale della piccola selvaggina, gli interessi buoni e talvolta meno buoni ruotano attorno al “cinghiale”, alla carne. C’è bisogno di cambiare, di avere politiche e tecnici che lavorino per produrre ambienti idonei alla riproduzione di selvaggina e per il governo dell’intero territorio agro-silvo-pastorale nell’equilibrio delle specie selvatiche.
Troppa ideologia, tanto fanatismo estremista si scarica sul calendario venatorio auspicando la propria foto su facebook. La moda prevale sulla conoscenza e sulla scientificità delle soluzioni tecniche. Piani faunistici operativi, lotta al bracconaggio, tutela della buona caccia, restano parole al vento da decenni.
Il rapporto con le nuove generazioni è sempre più difficile. Le Associazioni venatorie non trovano tra di loro la sintesi culturale perché il desiderio di qualcuno che ha sclerotizzato il suo pensiero: il grande che, per tirare a campare, vuole mangiare il piccolo (in realtà, il grande muore affamato).
L’ARCI Caccia confida nelle capacità dei cacciatori che vogliono la caccia sociale oggi e in futuro, sanno che possono ambire a riscattarsi nella Società e presso le future generazioni in barba a quanti sono “avanti Cristo nato” e pensano solo a se stessi. I cacciatori, ma anche i cittadini, hanno scoperto che il doppio estremismo, il fanatismo serve solo a sistemi di potere. Questi cominciano a scricchiolare, è tempo di demolirli”.