Bellante. Arriva anche la posizione ufficiale del Comune di Bellante, dopo la chiusura del passaggio a livello del quartiere di Molino San Nicola e le minacce di denuncia alla Provincia da parte dei residenti.
L’amministrazione comunale esprime infatti “sconcerto e forte disappunto per la chiusura del passaggio a livello di Molino S. Nicola, avvenuta in modo tanto inatteso quanto subdolo la notte del 31 dicembre. Lo sconcerto – si legge in una nota – deriva dal fatto che tale chiusura è stata messa in atto da RFI proprio mentre, grazie all’impegno fattivo dell’amministrazione comunale di Bellante, della provincia di Teramo e della Regione, si sono create concretamente le condizioni per la risoluzione del problema, attraverso la realizzazione di un nuovo sottopasso ciclo pedonale, finanziato dalla Regione Abruzzo con 300.000 €, e la sistemazione del sottopasso carrabile esistente da parte dell’amministrazione provinciale, che ha già stanziato il relativo finanziamento”.
“L’accordo tra Provincia, Regione e Comune – prosegue la nota – è stato raggiunto in un incontro tenutosi a Pescara il 17 dicembre, su richiesta dell’Amministrazione comunale, al quale le Ferrovie non hanno preso parte, fornendo in ogni caso ampie rassicurazioni circa la volontà di non chiudere il passaggio a livello. Per tali ragioni, l’amministrazione comunale, nel ribadire la sua piena adesione al progetto del nuovo sottopasso ciclo pedonale presentato in accordo con la Provincia, chiede l’immediata riapertura del passaggio a livello, che dovrà rimanere aperto fino a che non saranno ultimati i lavori per la realizzazione della nuova opera e per la sistemazione del sottopasso carrabile esistente, che attualmente presenta forti criticità in relazione alla sicurezza”.
Il sindaco Di Pietro “porterà con forza questa richiesta nella riunione che si terrà lunedì prossimo alle ore 10 a Pescara e confida che l’impegno congiunto di tutte le amministrazioni interessate, ed in particolare del Presidente D’Alfonso, possano far recedere RFI dal portare avanti un’azione che appare tanto ingiusta quanto, allo stato delle cose, del tutto immotivata, anche alla luce dell’ordinanza di riapertura emanata il 2 gennaio dalla Provincia di Teramo”.