“Nel corso del processo sono state commesse gravi violazioni del diritto alla difesa, al punto che la magistratura ha ignorato la certificata condizione patologica dell’accusata, affetta da un significativo ritardo mentale, così da negare il diritto ad un equo processo e sottoporre la Reginella a un interrogatorio-tortura – spiega l’avvocato Di Nanna – L’opposizione da parte dei pm all’esperimento di una perizia psichiatrica ha fatto sì che il processo alla Reginella si sia svolto senza un serio accertamento sulla sua effettiva capacità di parteciparvi: solo dopo due anni la Corte d’Assise di Macerata scopre d’aver sino a quel momento processato una persona con un significativo ritardo di mente”.
E prosegue: “In base alla prima perizia, Katia Reginella è stata ritenuta non imputabile e incapace di partecipare coscientemente al processo; la Corte d’Assise ne ha disposta però un’altra che, pur confermata la diagnosi di ritardo mentale, ha giudicato costei imputabile e capace di partecipare al processo. Difficile però capire come una persona di cui si certifica l’impossibilità di comprendere pienamente il nesso tra cause e conseguenze possa esserne in grado, tanto più che alla giovane, secondo i periti ‘patologicamente suggestionabile’, è stato chiesto dai pm, in sede d’interrogatorio, di mimare con un bambolotto l’omicidio del figlio, azione peraltro commessa da Denny Pruscino. La singolare procedura d’interrogatorio rappresenta una sicura e grave offesa alla dignità umana”.
Katia Reginella è originaria di Giulianova, mentre il marito Denny Pruscino è originario di Nereto.