Qualcuno prima o poi dovrà dire la verità, cosa sia in effetti accaduto martedì 9 maggio quando all’improvviso nel tardo pomeriggio la Ruzzo Reti in una nota ufficiale fa sapere che l’acqua dei rubinetti non è potabile, sconsigliandone anche l’uso in cucina.
Acqua buona solo per lavarsi. A Roseto, ma anche in altre città servite dall’acquedotto del Ruzzo, si è scatenato il panico. Si è registrata una vera e propria corsa ai supermercati per l’approvvigionamento idrico. In appena 2 ore scaffali svuotati, carrelli pieni di fardelli di minerale per non restare senza. Nella notte, dopo che l’Arta, l’agenzia regionale per la tutela dell’ambiente, ha eseguito 6 campionamenti consecutivi, la buona notizia: l’acqua è tornata miracolosamente potabile.
L’uso non potabile era stato consigliato precedentemente perché “colore e odore non erano conformi”. Però nessuno dei responsabili dei vari organismi di controllo, né la Ruzzo Reti, ha comunicato cosa fosse realmente presente in quell’acqua, considerata da sempre una delle migliori d’Italia, captata dalle falde del Gran Sasso, straordinaria riserva idrica invidiata da tutta Europa.
Qualcosa non quadra. Soprattutto perché qualche mese fa si era registrato un simile episodio per lo sversamento in un pozzetto di captazione di un solvente utilizzato nei laboratori dell’Istituto di Fisica Nucleare, proprio sotto al Gran Sasso. Una vicenda su cui Nadia Toffa, delle Iene, ha costruito un servizio molto attento.
La domanda a questo punto è lecita: l’episodio dell’altro giorno che ha scatenato panico, allarmismo, preoccupazione tra i cittadini, ha a che fare ancora una volta con le attività che vengono portate avanti all’interno dei laboratori di fisica nucleare? Sui social si sono scatenati i commenti e non sono mancate le prese di posizione nei confronti dell’Istituto di Fisica Nucleare.
In migliaia hanno chiesto a gran voce la sospensione di tutte le attività e la chiusura definitiva dei laboratori che oggi più che mai per tanti cittadini rappresentano una minaccia per la salute di tutti. Il problema alla fine è stato persino ridimensionato.
Ma il danno di immagine ad un territorio già martoriato dal terremoto, dal maltempo dell’inverno scorso, è stato di proporzioni gigantesche. A Teramo, come se non bastassero i problemi causati dal terremoto, scuole chiuse per un giorno a causa della vicenda acqua non potabile.
Basti poi pensare anche alle conseguenze che hanno avuto il giorno dopo chi con quella acqua lavora: i bar, i ristorati, le panetterie, le pizzerie. Chi risarcirà i danni? Non si scherza sulla pelle della gente. E soprattutto la gente vuole la verità: cosa c’era veramente nell’acqua quel martedì 9 maggio?