Ciò che è accaduto non è altro che uno dei tanti possibili episodi che gli ambientalisti denunciano dal 2002. Ciò che era ritenuto solo una possibile criticità, ossia il contatto fra l’autostrada e l’acquifero del Gran Sasso, è risultato un fatto concreto e reale.
Almeno questo sembra sia accaduto. Sarebbe il caso che le istituzioni preposte chiariscano celermente la causa del nuovo inquinamento
Rileviamo che a differenza di altre situazioni (vedi il caso venuto alla luce a dicembre 2016) i cittadini sono stati informati e, attraverso diversi siti istituzionali, hanno potuto seguire la questione. Ai cittadini non possiamo che ricordare di attenersi scrupolosamente alle indicazioni delle istituzioni. Senza panico, ma semplicemente applicando regole di giusta precauzione. Non possiamo, però, non cogliere la pericolosità di ciò che è accaduto e la necessità di cambiare subito atteggiamento nei confronti del problema che non può essere più sottovalutato né ritardata la sua analisi .
E’ bene ricordare alla cittadinanza tutta che i lavori di messa in sicurezza dell’acquifero del Gran Sasso sono stati svolti tra il 2004 ed il 2006 dal commissario Angelo Balducci per una spesa complessiva di ben 84 milioni di Euro di cui 22,3 milioni hanno riguardato gli interventi di carattere idraulico e ambientale delle gallerie, le opere di drenaggio e l’impermeabilizzazione. Inoltre circa 3,2 milioni di euro sono stati assegnati proprio alla Società Strada dei Parchi. Ci chiediamo: “Che tipo di lavori hanno fatto? Come sono stati impiegati tali fondi? Ci sembra chiaro che ormai il problema della convivenza del più grande acquifero d’Abruzzo con l’autostrada e i laboratori dell’INFN è un problema serio che richiede un’attenzione particolare” – afferma Massimo Fraticelli responsabile Parchi MW Abruzzo – “Ci aspettiamo che già da domani le istituzioni tutte si mettano al lavoro per capire come mettere realmente in sicurezza l’acquifero. Ovviamente non prima di averci spiegato, con dovizia di particolari, come siano stati utilizzati i fondi già erogati”. Inoltre è bene ricordare che il DECRETO LEGISLATIVO 3 aprile 2006, n. 152 all’ ART. 94 Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano) prevede che per conservare le caratteristiche qualitative delle acque destinate al consumo umano, le Regioni, individuino le aree di salvaguardia all’interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda. Ossia tre zone specifiche.
La zona di tutela assoluta è costituita dall’area adiacente le captazioni o derivazioni; deve avere un’estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e adibita esclusivamente a opere di captazione e infrastrutture di servizio.
La zona di rispetto costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d’uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata;
Le zone di protezione delimitate dalle Regioni per assicurare la protezione del patrimonio idrico; esse individuano e disciplinano, all’interno delle zone di protezione, le seguenti aree: a) di ricarica della falda; b) emergenze naturali e artificiali della falda; c) zone di riserva.
Ci chiediamo dunque se il nostro il nostro acquifero sia realmente rispondente a tali caratteristiche. Da domani sarà necessario esaminare la questione con grande attenzione proprio per salvaguardare la salute e l’ambiente di tutti i cittadini.
In ultimo ci chiediamo se la Società Strada dei Parchi abbia svolto tutto ciò che doveva essere fatto per rendere sicuri i lavori all’interno delle gallerie proprio in funzione della delicatezza del luogo che occupano.
“Questo ennesimo inquinamento dell’acqua del Gran Sasso è un duro colpo all’immagine dell’Abruzzo, Regione Verde d’Europa” – afferma Marano Mario Viola, Responsabile MW per l’Abruzzo.