Teramo. Per la seconda volta davanti al gip, Salvatore Parolisi si e’ avvalso della facoltà di non rispondere. Il marito di Melania Rea, accusato dell’omicidio della donna, davanti al giudice del Tribunale di Teramo che lo ha interrogato nel carcere di Castrogno, a Teramo, come era stato largamente anticipato, ha deciso di non rispondere alle domande dei giudici. Gli avvocati del caporal maggiore, Valter Biscotti e Nicodemo Gentile, seguendo la strategia difensiva fin qui adottata, produrranno fin da subito ricorso al Tribunale del Riesame a L’Aquila. L’interrogatorio di garanzia si e’ svolto stamane intorno alle 9.30 per concludersi in pochissimo tempo. Melania Rea e’ stata uccisa il 18 aprile sorso alle Casermette di Ripe di Civitellla.
La seconda ordinanza. Salvatore Parolisi non avrebbe ucciso né per gelosia né perchè costretto ad una scelta tra il matrimonio e l’amante. Alla base del delitto di Melania Rea vi potrebbero essere altro. Un segreto, qualcosa di “torbido”, forse legato alle tante relazioni extraconiugali del caporalmaggiore o forse riguardante qualcosa che sarebbe avvenuto nella caserma del 235º Rav di Ascoli. A dirlo è il gip di Teramo Giovanni Cirillo, nell’ordinanza che martedì ha confermato la custodia cautelare in carcere per Parolisi. Se per la procura di Ascoli il caporalmaggiore aveva ucciso perchè si trovava “ad un imbuto” della sua vita, stretto tra Melania e la relazione clandestina con Ludovica Perrone, e se per i pm di Teramo vi era un “insostenibile conflitto” tra le due vite parallele, Cirillo, nelle 185 pagine dell’ordinanza, smonta i possibili moventi che avrebbero spinto il caporalmaggiore ad uccidere sua moglie Melania Rea. E solleva alcuni interrogativi, sui quali i magistrati teramani che hanno in mano il caso saranno ora chiamati ad indagare.
Il gip ammette: “Non è stato ancora acquisito con tranquillizzante certezza il movente dell’omicidio”. Secondo il giudice la condizione di Parolisi, “più che quella di un uomo al bivio della sua esistenza”, sembra piuttosto “la classica condizione di un uomo che vuole tenere due piedi in una scarpa”. Insomma, secondo Cirillo il caporalmaggiore non viveva alcun particolare conflitto nel mantenere in contemporanea due relazioni. Scrive il gip: “Di fatto la situazione nella quale versava pareva andargli benissimo. Moglie ed amante. Famiglia e distrazione. Pazienza se a Ludovica tutto ciò non andava bene. Se ne sarebbe fatta una ragione. In caso contrario, ognuno per la sua strada”. Né alla base dell’omicidio, che per Cirillo non vi sono dubbi sia stato commesso da Parolisi, vi sarebbe la gelosia. “L’indagato non era particolarmente geloso e la moglie, del resto, non gliene dava ragione”.
Che cosa, allora, avrebbe scatenato la furia delle 32 coltellate? Cirillo ricorda che Parolisi, sino al 19 aprile, il giorno dopo l’omicidio, aveva chiesto ripetutamente a Rosa, un’amica di Melania, se si fossero sentite. La stessa Melania aveva rivelato a Rosa che doveva dirle “qualcosa di molto brutto”, ma non fece mai in tempo. Parolisi temeva forse, scrive il gip, che Melania “le avesse rivelato un segreto inconfessabile”? “Può allora essere ipotizzato che la moglie – continua il giudice – la qualo lo seguiva, lo controllava, non poche volte in passato lo aveva persino pedinato, avesse scoperto qualcosa di assai più grave, o anche di solo torbido, di inconfessabile”. Dunque, le indagini dovranno focalizzarsi sui “rapporti interni alla caserma” e su “ulteriori e diverse frequentazioni extraconiugali dell’indagato”.
Il gip smonta inoltre la tesi dell’aggressione da parte di una donna, portata avanti dalla difesa del caporalmaggiore. “La pista della donna è priva di ogni fondamento”, sentenzia il giudice. Troppo deboli le tracce di Dna femminile trovato sotto le unghie intatte di Melania, Dna peraltro non troppo differente da quello della stessa Melania. Per il gip, però, un complice potrebbe esistere davvero. Qualcuno che dopo l’assassinio sarebbe andato a sfregiare il cadavere, e forse anche a manomettere il cellulare della donna, nel quale sono stati trovati solo due sms di amore verso il marito risalenti a luglio dell’anno scorso (“strano che nel volgere di nove mesi Melania non abbia conservato neppure un sms indirizzato al marito”, nota il gip). Ma se complice è va cercato in caserma. Nei giorni successivi all’omicidio Parolisi, scrive il giudice, è stato sempre in compagnia di familiari ed investigatori, e dal suo telefonino non sarebbero emersi contatti sospetti. “L’unico modo che egli può aver avuto di incaricare qualcuno di ‘completare l’opera’ al fine di sviare le indagini è stato parlare direttamente con il mandatario, probabilmente mentre era ancora in caserma”.