Questa la situazione nell’ospedale Mazzini di Teramo, denunciata dalla Funzione Pubblica Cgil, all’indomani dell’ufficializzazione della convenzione firmata dalla Azienda Sanitaria teramana e dall’Ateneo aquilano. “Speriamo sia davvero una boccata d’ossigeno” commentano nella nota i rappresentanti sindacali, secondo i quali “la situazione è talmente grave che un ricovero può trasformarsi in vero e proprio incubo”. E parlano, quindi, di una struttura “non idonea, che sta diventando pericolosa per i pazienti: non c’è ossigeno alle pareti, niente campanelli nei bagni e nei letti bis, non c’è aria condizionata né ventilatori. La strumentazione è obsoleta e i requisiti di sicurezza minimi non sono garantiti. L’ostetricia di Teramo risponde ai bisogni di salute di tutta la Val Vibrata, ma non ci sono infermieri in più, e al pronto soccorso di Teramo non arrivano solo le donne e i bambini di Sant’Omero e Giulianova, ma anche i traumi ortopedici e sindromi da dolore che pare non trovino soluzioni nel presidio giuliese”. E a testimonianza di quanto sta accadendo nel nosocomio teramano, raccontano del gravissimo episodio registrato nei giorni scorsi in sala operatoria: “due pazienti sono stati lasciati lì perché la rianimazione era piena e non potevano essere spostati in nessun altro posto. Ciò ha comportato l’inutilizzo della sala operatoria per tutto il tempo della permanenza dei due operati”.
La Funzione Pubblica della Cgil chiede, dunque, di utilizzare le risorse dell’art. 20 anche per l’ortopedia di Teramo per ripristinare i requisiti minimi di sicurezza per gli operatori e per i pazienti e, nel frattempo, propone di sfruttare l’ala del quarto piano da poco ristrutturata.
“Alla gravità di quanto sopra denunciato, si aggiunge l’esasperazione e la rabbia degli operatori che, essendo da anni in prima linea, sono costretti a lavorare in condizioni pessime. Nemmeno l’assunzione degli infermieri dalla mobilità interregionale li ha aiutati. Come sono stati distribuiti tra i reparti della Asl questi 150 infermieri della mobilità interregionale? Le organizzazioni sindacali avevano chiesto l’attivazione di una mobilità interna che rendesse più trasparenti le regole dei trasferimenti del personale da un presidio all’altro, ma hanno voluto fare da soli. Pare che i problemi invece di diminuire siano aumentati”.