Il lavoro è cresciuto e lo spazio a disposizione ormai non è più sufficiente.
“All’epoca della presentazione del progetto di ampliamento” scrive Panichi nella sua lettera aperta alla stampa, presentata questa mattina da Enzo D’Ignazio, dell’associazione BellaTeramo “ci fu richiesto per questioni di sicurezza di comprare anche i diritti di edificabilità e decisi di comprare direttamente anche la proprietà del terreno dei due ettari confinanti”. I problemi nascono a questo punto. “Il Comune, stranamente, si è rifiutato di rilasciarci regolare licenza per dei lavori che, come dicevano gli stessi tecnici, erano legittimi ed eseguibili. Successivamente sono state presentate ed eseguite istanze di sanatoria in vigore”. A quel punto, il Comune decide per l’acquisizione degli immobili, giustificata da una irregolarità in parte della costruzione. “Peccato che mi è stata sequestrata l’intera area”. Siamo nell’epoca della Giunta D’Ignazio (Pietro), seguita da quella guidata da Antonio Gatti. “Questi amministratori non si limitarono a sequestrare la parte oggetto dei dinieghi, ossia quella da me sanata, ma si presero tutta la mia proprietà arrivando persino ad utilizzare il denaro anticipato da un dirigente per pagare i diritti di acquisizione”. Un provvedimento che determinò la richiesta di rientro da parte delle banche delle esposizioni che l’azienda aveva nei loro confronti. “Gli istituti di credito hanno cominciato a chiudermi le porte in faccia e ho dovuto vendere 2milioni di euro di proprietà per sanare i debiti. Abbiamo attraversato momenti molto difficili. Ma quello era il mio lavoro, di mia moglie, dei miei figli e di mio fratello Ugo”.
Nel 1997 c’è stata la prima causa: Panichi contro il Comune di Teramo. “Non abbiamo mai avuto la possibilità di concludere accordi con l’amministrazione, nonostante le tante proposte fatte, per iscritto e protocollate. Tutto pur di metter fine al calvario”.
Nel 2007 arriva la sentenza del giudice di primo grado, che condanna l’allora Giunta Chiodi al pagamento dei danni quantificati in ben 5milioni di euro. Il Comune si oppone, dunque, in Appello “nonostante” aggiunge Panichi “da parte mia ci fosse ancora la disponibilità per un accordo bonario”. La seconda sentenza arriva il 9 marzo 2011, quando il giudice decide di dimezzare i conteggi, che passano così da 5milioni a poco più di 2milioni di euro. “Nonostante la ritenessi ingiusta, l’accettai pur di porre termine a questo stillicidio e a queste lungaggini e mi feci carico di una mia proposta al sindaco Brucchi, al direttore generale Cugnini ed al responsabile dell’avvocatura comunale Cafforio, per un pacifico accordo: ero disponibile ad accettare il pagamento in tre annualità ed a rinunciare al ricorso in Appello per le somme che non mi erano state riconosciute in quella seconda sentenza”. Qui l’ennesima sorpresa per Panichi. “Il sindaco Brucchi e la sua giunta hanno deciso, senza ascoltare il Consiglio Comunale, di proporre Appello. Per quale motivo? E perchè queste somme che mi spettano non sono mai state messe in bilancio?”
Domande su domande che Peppino Panichi continua a porsi. E che oggi più che mai lo hanno portato a trasformarsi da “grande sostenitore del centro destra” ad acerrimo nemico.
“Sono costretto a ricorrere alla Corte dei Conti e alla magistratura penale per verificare la regolarità dell’operato dei responsabili comunali”. Non solo. “Procederò al pignoramento dei beni patrimoniali per tutti gli importi, comprensivi di interessa, assegnatimi nella sentenza”. E, infine, a ricorrere in appello affinchè mi venga riconosciuta l’intera somma, gli interessi e la rivalutazione monetaria a partire dal 1997”.