Delitto Masi 6 anni dopo. Rapagnà: affinché nessuno dimentichi

libero_masiNereto. Il 2 giugno di 6 anni fa, nella loro casa di Nereto, venivano trovati i corpi senza vita dell’avvocato Libero Masi e della moglie Emanuela Chelli. Dopo sei anni e varie piste investigative, che si sono rivelate infruttuose, il caso è irrisolto. O meglio, gli inquirenti hanno archiviato la vicenda, senza riuscire ad individuare l’autore o gli autori del massacro. Sulla vicenda Piò Rapagnà, ex parlamentare, e amico dell’avvocato Masi ha scritto una lettera aperta (come fatto più volte nel corso di questi sei anni) nella quale torna ad evidenziare una serie di concetti, utili per non far decantare nel dimenticatoio un episodio inquietante ed ancora avvolto nel mistero.

La lettera.

Sono trascorsi SEI ANNI da quel maledetto 2 giugno 2005 e “nessuno” è stato capace ho avuto la volontà, in questo lunghissimo arco di tempo, di dare giustizia e pace ai coniugi Libero Masi ed Emanuela Chelli, mentre gli assassini sono ancora in libertà. Ancora una volta intendo “moralmente” denunciare che in questi 6 anni in Provincia di Teramo si è materializzato nella sua sostanza ciò che mi appare un vera e propria “manifestazione del sonno e della impotenza della maggior parte delle Istituzioni Repubblicane” presenti e operanti sul nostro territorio. Con l’archiviazione senza appello e senza la individuazione di esecutori e mandanti di un duplice “delitto”, è ormai un dato di fatto incontrovertibile che, quantomeno per la rilevanza, gravità ed eccezionalità dei fatti accaduti a Nereto ed in Provincia di Teramo, forse non siano state assunte, da parte di chiunque ne avesse avuto specifico dovere istituzionale e civico, tutte quelle iniziative tese a “proteggere” le vittime e “pervenire” alla cattura degli assassini, che invece risultano essere scomparsi nel nulla, insieme alla memoria della strage tremenda perpetrata ai danni di un valente operatore di giustizia e “principe” del Foro di Teramo e della sua compagna di vita.

MI CHIEDO ANCORA E QUOTIDIANAMENTE PERCHE’ gli investigatori, il Comando Provinciale dell’Arma dei Carabinieri e gli inquirenti della Procura della Repubblica di Teramo, piuttosto che accogliere gli “aiuti” investigativi degli organi di informazione nazionali e locali (come si verifica “normalmente” anche in questi giorni per casi analoghi in tutte le parti d’Italia), pensarono invece di procedere di ufficio anche alla “secretazione totale” degli atti ed alla richiesta del “silenzio stampa”.

Poi, DOPO IPOTESI E PISTE CHE SI SONO RIVELATE SBAGLIATE SIN DALL’INIZIO, ambedue i soggetti più importanti per l’inchiesta e presenti sulla scena del delitto immediatamente dopo la scoperta dei corpi straziati, il Comandante Provinciale dei Carabinieri Igino Izzo ed il Procuratore della Repubblica Cristoforo Barrasso, lasciarono il loro incarico ad altri, nel mentre si è continuato a brancolare nel buio, sino alla archiviazione richiesta ed accolta.

Più volte, e sin dai primi mesi dopo la strage del 2 giugno 2005, ho chiesto l’intervento del Ministro della Giustizia e della Commissione Parlamentare antimafia, poiché ritenevo che la loro presenza e la loro “visita ispettiva” a Nereto, a Teramo e in Abruzzo fosse un atto “naturale e dovuto” rispetto ai moventi che sarebbe stato urgente e opportuno indagare e approfondire. Ma nessuno ha raccolto la mia richiesta.

 

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