Giulianova. Decine di strutture sottomarine, che avrebbero dovuto difendere il Parco del Cerrano dalla pesca a strascico, pagate con fondi comunitari dalla Provincia di Teramo ma mai messe in posa. Una truffa da centinaia di migliaia di euro, scoperta dalla Guardia Costiera di Giulianova e dalla Guardia di Finanza di Teramo, e che ha portato alla notifica di quattro avvisi di garanzia per i due imprenditori delle ditte appaltanti e per due funzionari della della Provincia.
Per loro le accuse sono a vario titolo di frode in pubbliche forniture, falso ideologico e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. L’operazione è stata spiegata questa mattina presso la Capitaneria di Porto giuliese nel corso di una conferenza stampa, presente anche il procuratore capo di Teramo Gabriele Ferretti, insieme ai vertici provinciali di Finanza e Guardia Costiera. Le indagini partirono nell’ottobre del 2007, a seguito di un controllo della Guardia Costiera per verificare se le opere sottomarine completate nel 2004 oltre a scoraggiare la pesca a strascico avessero anche favorito, come da previsione, il ripopolamento della fauna ittica. Dei massi, però, ben poche tracce. Assegnati nel 2004 a seguito di una gara indetta dalla Provincia con fondi europei, i lavori prevedevano la sistemazione di circa seicento massi, per un importo di 340 mila euro. Le opere furono assegnate ad una ditta di Chioggia, che a sua volta diede in subappalto i lavori ad una ditta pescarese. Dopo i primi sopralluoghi, la Capitaneria di Porto di Giulianova inizia una perlustrazione a tappeto dell’intera area marina protetta. Qualcosa come quattro milioni di metri quadrati, con il supporto del Nucleo Sommozzatori di San Benedetto. Si scopre che dei circa seicento massi ve ne sono all’incirca 170, benché i lavori siano stati pagati per intero e siano stati citati anche nel decreto ministeriale che istituiva il parco marino. A quel punto la procura chiede la collaborazione della Guardia di Finanza. Le Fiamme Gialle sequestrano carte nella sede della ditta appaltante, e appurano che tra le sei ditte che sulla carta fornirono i massi cinque di queste, pugliesi, non vendevano affatto massi e che la sesta, abruzzese, non aveva i mezzi per sistemarli. A questo punto gli inquirenti, coordinati in un primo momento dallo stesso procuratore Ferretti e in un secondo momento dal suo sostituto Davide Rosati, notificano gli avvisi di garanzia. Oltre ai due imprenditori accusati di false fatturazioni e truffa, sono coinvolti anche i due funzionari della Provincia di Teramo chiamati a collaudare l’opera. I due, secondo la Procura, hanno presentato alla Regione foto e rapporti falsi che attestavano la regolarità dei lavori. Per loro l’accusa è falso ideologico in atto pubblico.