Conoscere per riconoscere, per evitare di ferirsi o persino di essere uccisi. I residuati bellici sono stati al centro del dibattito organizzato questa mattina al palazzo Kursaal di Giulianova dallo storico Walter De Berardinis e dall’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra – Dipartimento Ordigni Bellici Inesplosi e che ha visto la partecipazione di decine e decine di studenti delle scuole medie giuliesi. Un tema che sembra superfluo visto che la guerra è terminata 70 anni fa. Ma in realtà gli ordigni inesplosi sono ancora una minaccia.
Al dibattito è stato invitato a partecipare Giovanni Lafirenze, uno dei massimi esperti della materia. “A distanza di così tanto tempo”, ha spiegato l’esperto ai ragazzi, “i residuati bellici continuano ancora a ferire o persino ad uccidere. E’ un problema che non va sottovalutato. A volte si scambia un ordigno inesploso per un grosso sasso, perché la natura agisce sulla bomba, che presenta strati di ruggine o di terriccio solido”.
Durante la Seconda Guerra Mondiale centinaia di migliaia di bombe furono sganciate in Italia per distruggere postazioni strategiche, porti, ponti, strade di collegamento. L’area compresa tra Ortona, dove c’era il fronte durante la risalita delle truppe alleate contro l’esercito di Hitler, e la foce del fiume Tronto, viene considerata “rossa” perché secondo gli esperti ci sarebbero ancora centinaia di ordigni di ogni genere inesplosi.
Ma quanti ne vengono recuperati in un anno? “Sono circa 60mila gli ordigni che ogni anno vengono recuperati”, ha aggiunto Giovanni Lafirenze, “e che vengono poi fatti brillare”. E purtroppo bombe da mortaio o grandi residuati continuano ancora a mietere feriti. Nell’ultimo anno, 14 persone sono rimaste colpite più o meno in modo grave. Il ritrovamento, poi, avviene molto spesso in modo casuale e, una volta riconosciuti come congegni pericolosi, intervengo gli artificieri per farli brillare.
Agli insegnanti che hanno accompagnato i ragazzi sono stati donati due libri, uno scritto da Walter De Berardinis, sui bombardamenti a Giulianova, l’altro dallo stesso Lafirenze che aiutano a capire meglio la problematica. Portate anche le testimonianze di Lino e Benny Manocchia.