Pescara. E’ stata rinviata 27 settembre, per dare il tempo alle difese di esaminare le circa 110 richieste di costituzione di parte civile, l’udienza preliminare sull’inchiesta principale relativa al disastro dell’Hotel Rigopiano.
Tra le richieste di costituzione di parte civile, oltre a quelle dei familiari delle vittime e dei superstiti, anche quelle presentate da Inail, Comune di Farindola, Codacons e Cittadinanzattiva. Il procuratore capo di Pescara, Massimiliano Serpi, interpellato dal gup Gianluca Sarandrea sull’ ammissibilità delle richieste, ha spiegato di ritenerle legittime.
Erano solo 7, su 25, gli imputati presenti in aula, tra i quali il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, gli ex sindaci Massimiliano Giancaterino e Antonio De Vico e il dirigente della Regione Abruzzo Pierluigi Caputi.
Al centro dell’inchiesta, condotta dal procuratore capo Massimiliano Serpi e del sostituto Andrea Papalia, la mancata realizzazione della carta valanghe, le presunte inadempienze relative a manutenzione e sgombero delle strade di accesso all’hotel e la tardiva attivazione del centro di coordinamento dei soccorsi. I reati ipotizzati dalla Procura vanno, a vario titolo, dal crollo di costruzioni o altri disastri colposi, all’omicidio e lesioni colpose, all’abuso d’ufficio e al falso ideologico. Le indagini sono state condotte dai carabinieri forestali di Pescara.
E c’è chi, alla notizia del rinvio, non ha retto al nervosismo: “Giudice, sono due anni e mezzo che aspettiamo. Facciamo il prima possibile. A settembre va bene, altrimenti prima”, ha gridato, nell’aula 1 del tribunale, il superstite Giampaolo Matrone, che nella tragedia ha perso la moglie, Valentina Cicioni. Mentre l’udienza volgeva al termine, Matrone si trovava nell’area riservata al pubblico. Il gup Gianluca Sarandrea stava fissando la data del rinvio, cercando di andare incontro alle esigenza dei tanti avvocati presenti in aula. Dopo che, a causa della indisponibilità di alcuni legali, l’udienza successiva sembrava essere in procinto di slittare a ottobre, Matrone non è riuscito a trattenersi. Il giudice lo ha invitato a mantenere la calma, ricordandogli che non avrebbe potuto prendere la parola e che ci sarebbe stato un periodo di sospensione in agosto, e assicurando che avrebbe cercato di fissare la prossima udienza il prima possibile.
“Sono due anni e mezzo che aspettiamo, vogliamo giustizia. Oggi l”ennesimo rinvio. Siamo disposti ad aspettare, a patto che lavorino bene”, hanno commentato invece, Alessandro e Francesco, rispettivamente fratello e nipote di Domenico Di Michelangelo, morto a 40 anni nel disastro dell”hotel dove era in vacanza insieme alla moglie Marina Serraiocco di 37, morta anche lei, e al loro figlio Samuel, all’epoca 7 anni, sopravvissuto alla valanga del 18 gennaio 2017.
“Per il momento siamo soddisfatti, con un gup veramente capace di gestire udienza, questa davvero difficile. Qui la prossima volta bisognerà rifare un nuovo appello e fare un nuovo appello significa un’ora, un’ora e mezzo, e questo sarà così a ogni udienza. Questi sono processi difficilissimi dal punto di vista tecnico”, ha invece chiarito l”avvocato Romolo Reboa, legale dei familiari di quattro vittime. “Il magistrato ha fatto finora molto bene, ci vuole polso, fermezza e anche umanità. L”esperienza di questi casi mi dice che il 99% delle opposizioni sarà rigettata perché è realistico – ha aggiunto – una costituzione di parte civile fatta per udienza preliminare può essere sempre riproposta, è un non senso fare queste grandi opposizioni”
“Dobbiamo per forza essere ottimisti, altrimenti non riusciamo ad andare avanti. Siamo fiduciosi che emergerà la verità e solo con quella ci sarà giustizia”, ha aggiunto Gianluca Tanda, presidente del Comitato vittime di Rigopiano. Quanto ai timori circa il dilatarsi dei tempi processuali, Tanda aggiunge: “Siamo arrivati qui con molta calma, abbiamo lottato per due anni e mezzo, combattuto e commemorato. Abbiamo cercato la verità a tutti costi – conclude il presidente del Comitato – finora non è emersa tutta, ma emergerà”.