La lunga attesa di otto ore di una donna ottantenne al Pronto soccorso, dopo esser caduta dalle scale, è stato motivo di discussione nelle istituzioni
I tempi di attesa in ospedale sono un volto oscuro della sanità nel nostro Paese. Andare al Pronto Soccorso per un problema più o meno lieve potrebbe significare attendere ore e ore. Poco importa se tutto questo tempo significa dolore continuo e costante. Se i medici sono impegnati con casi più gravi, allora si è costretti ad aspettare.
In tal senso, è di primaria importanza l’assegnazione del colore codice da verde a rosso, passando per il giallo, in base alla gravità del problema e quindi alla necessità di un intervento che sia il più rapido possibile per evitare conseguenti complicazioni.
Un caso esempio di questi giorni è diventato quello di un’anziana signora di Pescara, in Abruzzo, che, caduta dalle scale, si è recata presso il Pronto soccorso per essere visitata, ma prima di vedere il medico è dovuta restare per ben otto ore all’interno della sala d’attesa.
A denunciare il fatto è stata la Consigliera comunale Simona Barba, che ai microfoni della stampa locale ha detto: “Ho passato la giornata al Pronto soccorso dell’ospedale per un problema familiare. E l’attesa per un’ultraottantenne, caduta per le scale, è stata di 8 ore per la prima visita”.
La risposta dell’Asl alla segnalazione della Barba non si è fatta attendere. L’ente pubblico, infatti, ha messo in evidenza il problema costante della carenza di personale, ma aggiungendo anche di aver modificato l’organizzazione interna coinvolgendo i reparti ospedalieri nella gestione dei pazienti in attesa. Questo con lo scopo chiaro di tenere: “sotto controllo i flussi e i tempi di permanenza” e “accelerare i processi di ricovero”.
La dimissione della paziente e la risposta dell’Asl, però, non sono sufficienti per la Barba, con la consigliera abruzzese che nelle ore seguenti ha replicato: “Per 8 ore quindi un paziente è in un limbo, è come se non esistesse, fino alla prima visita del Pronto soccorso, ma la sua sofferenza invece è ben reale”. Per poi raccontare come ha gestito la situazione:
“Come familiare sono dovuta impormi nell’entrare, io mi sono dovuta prendere la responsabilità di dare acqua e un minimo di conforto alimentare per una anziana debilitata”. Non è mancato il confronto con i medici, in quelle ore, che hanno evidenziato evidenti problemi di personale, al punto che la consigliera ha aggiunto:
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“Gli operatori sanitari che ho incontrato hanno mille proposte di ottimizzazione e investimento, chiedono aiuto, qualcuno li ascolta?”. Ancora una volta è l’Asl che prova a dare una risposta, spiegando che “accoglie ogni contributo costruttivo che provenga dai cittadini e dagli operatori”. Per poi sottolineare che i medici in servizio quel giorno erano 6 nel turno mattutino, 13 infermieri al mattino e 13 nel pomeriggio.