Si terrà sabato 3 settembre a Pescara la prima marcia di sensibilizzazione della campagna “Io non sono il mio tumore”, lanciata a gennaio da Fondazione AIOM (Associazione italiana di oncologia medica) con una raccolta firme.
In pochi mesi le adesioni alla petizione sul sito dirittoallobliotumori.org sono state decine di migliaia: una volta raggiunte le 100mila, saranno consegnate ai Presidenti Draghi e Mattarella per richiedere una maggiore tutela degli ex malati oncologici. Si tratta di oltre un milione di persone che, nonostante siano guarite, si trovano a vivere difficoltà nella vita di tutti i giorni. Sono infatti numerose, afferma Aiom, le “discriminazioni nell’accesso a servizi come la stipula di assicurazioni e di mutui, l’adozione di un figlio e l’assunzione sul lavoro”.
La norma permetterebbe all’Italia di seguire l’esempio virtuoso di altri Paesi europei (Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda e Portogallo), che già tutelano i propri cittadini con una legge dedicata. “I risultati della campagna fino a ora sono stati straordinari – sottolinea Giordano Beretta (in foto), presidente di Fondazione AIOM e nuovo Direttore della UOC di Oncologia Medica dell’Ospedale Santo Spirito di Pescara -. In pochi mesi abbiamo raggiunto più di 75mila firme. L’obiettivo 100mila è sempre più vicino. Sono 3,6 milioni le persone che, in Italia, vivono con una diagnosi di cancro. Il 27% di loro, circa un milione, è guarito: dobbiamo mobilitarci per loro”. “Siamo felici di ospitare il primo evento di una campagna così importante”, dichiara il sindaco di Pescara Carlo Masci.
“Oggi più che mai è fondamentale dedicarsi alla qualità della vita post-malattia – dichiara Saverio Cinieri, presidente AIOM -. Grazie all’innovazione, all’impegno dei ricercatori e al lavoro dei clinici, infatti, oggi sono moltissime le neoplasie che possono essere curate o cronicizzate, con un importante incremento del numero di persone che vivono dopo una diagnosi. Dopo un determinato numero di anni, dipendente dal tipo di tumore, i pazienti sono ritenuti guariti a livello clinico. Quello che chiediamo è che si ponga un limite temporale oltre il quale questo possa avvenire anche per la burocrazia, come già succede in diversi Paesi europei”.