Pescara. E’ da circa 15 anni che giace incompiuto sulla riviera nord Palazzo Michelangelo, scheletro di quello che doveva essere un bel palazzo fronte mare e, invece, è rimasto solo uno scheletro di cemento armato e mattoni a deturpare il lungomare appena riqualificato.
Un palazzo di sette piani, la cui costruzione è partita alla fine degli anni ’90, a pochi passi dalla rotonda Paolucci, in viale della Riviera 191. E dopo poco tempo, i cittadini residenti negli edifici confinanti hanno cominciato a presentare degli esposti al Tar, il quale ha annullato ben tre concessioni edilizie, quella del 1999, del 2001 e del 2002, riscontrando numerose irregolarità, una su tutte la persistenza di circa 370 metri quadri nell’area demaniale. Alla fine, a forza di spulciare tra le carte, qualcuno ha anche scoperto che quell’ennesimo mostro di cemento armato là non poteva affatto sorgere”.
A riferirlo è il presidente del consiglio comunale, Antonio Blasioli, che ribadisce: “La lunga scia di battaglie legali ha infine portato ad una sentenza inappellabile del Consiglio di Stato che ha di fatto disposto che il Comune provvedesse al più presto al suo abbattimento”. La procedura è stata avviata nel giugno del 2008, ma ad oggi lo scheletro di cemento in riva al mare è ancora al suo posto.
“La sola possibile reazione possibile all’abuso è la demolizione”, afferma Blasioli, “Non possiamo dimenticare che il Tar di Pescara, nel 2013 ha accolto un ricorso di alcuni cittadini e ha condannato il Comune a pagare ai ricorrenti un’indennità annuale fino alla demolizione avvenuta, con retroattività di cinque anni, per non aver provveduto ancora a rendere operativa la sentenza di demolizione”. Ciò perché una sentenza del Tar, confermata nel 2008 dal Consiglio di Stato, ha annullato la licenza di costruzione rilasciata dal Comune e prescritto la demolizione totale dell’edificio. Ma l’ordinanza di abbattimento è stata impugnata per un errore e così la situazione è nuovamente in stallo, in attesa ad attendere una nuova ordinanza, che richiedo con la massima celerità. Il Tar ha quindi riconosciuto una riduzione del valore dell’immobile dei ricorrenti, da qui, il risarcimento del danno: secondo un calcolo approssimativo, l’ente dovrebbe versare 56.900 euro solo per gli anni passati. Ricordando come il Tar abbia stabilito che «Il Comune ha il dovere di rimediare alla situazione di illegittimità dallo stesso creata, rimuovendone ogni tipo di effetto contra legem», Blasioli lancia l’allarme: “Il Comune infatti non si può assolutamente permettere esborsi di questo tipo, in un momento in cui proprio i nostri cittadini sono chiamati a sforzi enormi per far fronte ad una tassazione elevata frutto di una condizione economica disastrata. Per tali ragioni”, conclude il Presidente dell’assise civica, “l’amministrazione comunale deve dare esecuzione alla sentenza di abbattimento, con una ordinanza che regga al vaglio dei tribunali, ma soprattutto occorre dare un segnale forte alla città che comprenda che chi sbaglia paga”.