Di Santo e’ stato invece assolto dall’accusa di fabbricazione di ordigno esplodente in quanto la presenza congiunta di alcuni elementi “lascia piu’ che un ragionevole dubbio – si legge nella motivazione – sulle necessaria capacita’ dell’ordigno di produrre un’esplosione micidiale rilevante penalisticamente in punto di materialita’ della condotta contestata e, deve ritenersi, che gli stessi rientrino nella piu’ complessiva opera di messa in scena ideata da Di Santo per attirare in misura massima l’attenzione delle autorita’, come in plurime occasioni da quest’ultimo rappresentato”. Per il Tribunale manca, dunque “la prova certa aldila’ di ogni ragionevole dubbio”.
Per quanto riguarda invece gli episodi incendiari, il Tribunale evidenzia che “non puo’,dunque, dubitarsi della sussistenza del reato contestato di incendio in tutti gli episodi indicati nell’imputazione, non potendosi al riguardo non concludere che certamente il fuoco – incendio” sviluppatosi negli episodi di Villanova, Bucchianico e Chieti, “e quello potenziale” relativo all’episodio di Ripa Teatina “presenti caratteristiche tali da rendere deducibili, alla stregua di comuni norme di esperienza, il pericolo per l’incolumita’ pubblica, essendo caratterizzato da vastita’ e da tendenza a progredire”.
Secondo il Tribunale, “tutti gli episodi poi, vanno innegabilmente riferiti a Di Santo che nelle plurime occasioni in cui e’ stato ascoltato ha sempre riconosciuto di averli compiuti, motivando le sue ragioni e aggiungendo la manifestazione della volonta’ di andare avanti nel suo disegno e giungere sino a Roma,e prima ancora ha nella sostanza confessato la sua responsabilita’ attraverso i cd video fatti pervenire alle televisioni locali e rinvenuti sugli stessi luoghi degli incendi. Negli stessi cd, peraltro, e’ proprio Di Santo a presentarsi come responsabile di tutti gli incendi della zona di Pescara e Chieti, per poi aggiungere che dopo tali territori brucera’ anche Roma. A ogni gesto commesso, invero, lo stesso imputato ha collegato le negazioni di un proprio diritto, ovvero un’offesa subita da ristabilire, e per tale tramite l’inadeguatezza piu’ generale di tutto il sistema”.
Il Tribunale, dopo aver fatto riferimento ai risultati della perizia della dottoressa Marilisa Amorosi, ritiene, inoltre, “di condividere le conclusioni cui e’ pervenuto il perito sotto il profilo della pericolosita’ sociale e cio’ alla luce delle modalita’ dei fatti, dei motivi a delinquere allo stesso palesati e dalla sua condotta, rappresentando, tuttavia, che proprio le modalita’ dei fatti per cui si procede e le dichiarazioni rese dall’imputato nel corso del processo, oltre a tutto quanto evidenziato clinicamente dal perito, dimostrano palesemente come sia necessaria ed indispensabile la sua sottoposizione a cure costanti, per il che, allo stesso va applicata la misura di sicurezza dell’assegnazione a casa di cura per la durata di sei mesi”.