Pescara. Ancora spari contro Claudio Di Risio: proiettili, nella notte, contro l’ex bandito gambizzato giovedì mattina. Intanto Martelli resta in carcere ma si difende: “Non sono stato io”.
“Una vecchia faida personale legata allo spaccio”: il comandante provinciale dei carabinieri Marcello Galanzi aveva fatto il pompiere giovedì, limitando la gambizzazione di Claudio Di Risio, ex componente della banda Battestini, ad un regolamento di conti tra la vittima e Roberto Martelli, finito subito in carcere poche ore dopo che due proiettili avevano fatto esplodere la tibia dell’ex bandito. E invece quella “faida limitata” potrebbe avere portate più grandi.
Se l’allarme in via Nora giovedì era scattato alle 7:30 di mattina, rintonato da 6 esplosioni, l’altra notte erano le 3:10 quando altri 4 proiettili sono stati sparati contro il portone dell’abitazione di Di Risio, che dormiva nel suo letto con la gamba convalescente. Niente da vedere, solo da sentire: i colpi, i vetri del portone che si frantumano, un motorino che riparte a tutto gas. A chiamare i carabinieri è stato lo stesso pregiudicato 51enne, che nel cuore del sonno poco ha potuto vedere. Eugenio Stangarone, il capo del nucleo investigativo dei carabinieri di Pescara, è tornato ancora una volta in quel quartiere caldo, Rancitelli, a portare avanti le indagini in una selva di omertà. Così come giovedì, nessuno ha visto e nessuno ha da dire niente. E forse questo secondo episodio serve proprio a far calare il silenzio sul primo, su quello che Di Risio ha attribuito a Martelli e a un complice che non è riuscito a descrivere.
Quell’uomo è ricercato, insieme alla calibro 45 (il Ris sta comparando i due tipi di bossoli ritrovati) che ha gambizzato Di Risio: forse questi, dunque, ad aver sparato una seconda volta in via Nora? Sicuramente non Roberto Martelli, che da 4 giorni è rinchiuso a San Donato, carcere dal quale si dichiara innocente. Reati imputati: lesioni personali aggravate, porto abusivo d’arma da fuoco ed evasione, perché essendo agli arresti domiciliari aveva il permesso di uscire solo alle 7:30 per andare a lavoro nel suo negozio di frutta, mentre la gambizzazione è avvenuta alle 7. E dal quel fruttivendolo Martelli ha cercato di tirar fuori il suo alibi. Durante l’interrogatorio di garanzia, avvenuto sabato mattina, il 33enne ha detto al giudice per le indagini preliminari di essersi alzato alle 7 e di essere uscito solo alle 7:30 per andare al negozio, dove ad aspettarlo c’erano già la madre e un altro commesso. Due testimoni che non hanno convinto il Gip Sarandrea, che non dalla sua non ha avuto la flagranza per convalidare le accuse ma ha comunque confermato la custodia cautelare in carcere. Di Risio non avrebbe nemmeno accusato ufficialmente Martelli, seppur tra le maglie della criminalità ci si muove senza far bisogno di nomi. Indicazioni ci sono state, inoltre la “faida” avrebbe alla base anche un vecchio episodio del 2007, quando Di Risio avrebbe fatto saltare per aria la macchina di Martelli. L’avvocato Marco Di Giulio, legale del presunto gambizzatore, ha però riferito dopo l’incontro con il Gip che “non ci sono motivi di astio tra i due, Martelli e Di Risio si sono chiariti già sei anni fa”. “Il mio assistito”, afferma dunque il difensore, “non riesce a spiegarsi come mai Di Risio abbia fatto il suo nome ai carabinieri”.
I militari, ora, devono spiegarsi anche tante altre cose: gli spari in seconda battuta sono per far ritrattare Di Risio? Per far capire che non è stato Martelli? Per premettere a qualsiasi probabile testimone che “non ha visto niente”? L’unica cosa che rimane certa è la legge non scritta che rimbalza, come il frastuono delle pistole, tra le mura di via Nora: “A Rancitelli i panni si lavano in casa”.