Pescara. Tre rapine a mano armata in un mese e mezzo: arrestato un 24enne per i colpi alla sala slot e al Todis di Villa Raspa di Spoltore. Incastrato dalle telecamere e dalle impronte ritrovate sulla macchina usata per la fuga: era un ex dipendente del Lucky House.
Si chiama Pietro Paolo Di Benedetto il 24enne arrestato oggi per tre rapine a mano armata compiute tra il 24 gennaio e il 13 marzo alla sala slot Lucky House di Villa Raspa di Spoltore e al supermercato Todis al confine con Pescara.
Lunga la carriera criminale, nonostante la giovane età: spaccio, furto, ricettazione e reati contro la persona. Ma il ragazzo di origine siciliane e cresciuto a Pescara, evidentemente, era ancora inesperto nelle rapine a mano armata. Tanto da infrangere tutte le regole più basilari, come quella di disfarsi subito di mezzi e abiti utilizzati in un colpo, evitare di tornare sullo stesso luogo a stretto giro e, soprattutto, non andare a rubare dove hai lavorato per un brevissimo periodo. Di Benedetto, invece, ha fatto l’esatto opposto, senza dimenticarsi di lasciare le proprie impronte a disposizione dei carabinieri. Per i militari della nucleo operativo e radiomobile del comando provinciale, agli ordini del capitano Scarponi e del tenente Invidia, una volta ricomposte le tessere del trittico di reati è stato un gioco da ragazzi individuare e arrestare, su richiesta del Pm Giuseppe Bellelli e su disposizione del Gip Luca De Ninis, il disoccupato saltuariamente residente ai grandi alberghi di Montesilvano. Più astuto, e per questo ancora irreperibile, il suo complice.
LO SBALLATO MODUS OPERANDI
Di Benedetto e il suo complice arrivavano sul posto a bordo di automobili risultate rubate nel centro del capoluogo adriatico, dove il ragazzo è cresciuto e bazzicava tuttora. Al Lucky House sono arrivati il 24 gennaio scorso a bordo di una Fiat 500 verde, ripresa dalla telecamere piazzata sulla porta della sala. Sono entrati con il cappuccio dei giubbini sulla testa e gli occhiali da sole sul viso: verde quello del siciliano, abbinato ad un pantalone nero da tuta. La discrezione che contraddistingue i giocatori li ha lasciati agire indisturbati: Di Benedetto ha puntato subito l’arma contro la cassiera, chiedendo esplicitamente di aprire la cassaforte, indicando perfino il punto dove è installata e dicendo di sapere che era piena. Per lui, che nell’agosto 2012 era stato tra gli impiegati addetti alle slot e alle videolottery, era scontato sapere sia gli orari che l’importo da raggiungere prima dello svuotamento della cassa. Con un coltello in mano si fanno consegnare 9mila euro, quasi tutti in monetine, che mettono in un sacchetto di plastica e poi scappano. La 500 però non viene liquidata, anzi, ricompare mentre parcheggia in retromarcia davanti al Todis di via Italia il pomeriggio del 6 febbraio. Lo stesso giaccone verde e gli stessi pantaloni neri attraversano la porta automatica del supermarket mentre la telecamera li riprende: Di Benedetto sfodera una pistola e la punta alla cassiera, mentre il complice fa “scarrellare” un’altra canna da fuoco e raduna i clienti spaventati da una parte. Il 24enne affonda le mani in una cassa, seguito dall’altro criminale, prendono circa 3mila euro e qualche portafogli dai malcapitati che si riparano dietro ai carrelli della spesa e vanno via. Stavolta, però, la 500 viene lasciata, abbandonata in via Punta Penna, a poche centinaia di metri. Lì alcuni testimoni hanno visto due persone lasciare l’auto e scappare in scooter. Un mese e mezzo dopo, alla stessa ora, sempre di mercoledì, ancora una volta giacca verde e pantaloni neri varcano la soglia del Todis, stavolta Di Benedetto opta per un cappellino e una sciarpa bianca, mentre il complice non si ripete mai. Stessa storia, stesso incasso: “Evidentemente”, ha spiegato in conferenza stampa Salvatore Invidia, “avendo lavorato e frequentato quella zona sapeva bene quando colpire”. Dal Lucky House al Todis, infatti, sono solo 800 metri da percorrere sulla stessa strada.
IMPRONTE E ACCENTO SI, ALIBI NO
Fin dalla seconda rapina, tanto lampanti erano le connessioni con la precedente, i carabinieri hanno indagato per individuare due soli responsabili di entrambe. Mentre un impronta digitale veniva fatta analizzare dal Ris di Roma, veniva scremata la lista di chi aveva lavorato per brevissimi periodi nei due posti. Intanto la cassiera del Lucky House ha ricordato di aver sentito il rapinatore “esperto del salone” parlare con uno “strano accento meridionale”, proprio come quello con cui Di Benedetto rispondeva alle domande dei militari. Con la scusa della mariujana ritrovata nella stanza d’albergo, Invidia ascoltò il 24enne la sera del 13 febbraio e questi non riuscì a fornire un alibi valido per il pomeriggio, dopo che sempre in via Punta Penna era stata ritrovata anche la Fiat Punto rubata ancora in centro e usata per la seconda rapina al Todis di Villa Raspa.
Il tempo del riscontro con le testimonianze, i risultati sulle impronte e i filmati di sorveglianza hanno dato l’ultima passata di colla sulle tessere del puzzle. Da questa mattina Di Benedetto è in carcere, il suo complice ancora no. Ma il capitano Scarponi non esclude che, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, il giovane e inesperto rapinatore non si faccia sfuggire anche il nome del “compagno di sventura”.
Daniele Galli