Decreto legislativo numero 159 del 6 settembre 2011: questo ha mosso il complesso lavoro investigativo svolto dalla questura e dal comando provinciale della guardia di finanza di Pescara per aggredire i beni illecitamente accumulati della famiglia rom Spinelli. In poche parole: è stato usato il codice delle leggi antimafia.
L’alba di questa mattina ha portato un brutto risveglio per i numerosi soggetti, quasi tutti, gravati da significativi precedenti penali e segnalazioni di polizia per reati contro il patrimonio che riempiono lo stato di famiglia del clan Spinelli. Il “buongiorno” è stato dato loro dai poliziotti e finanzieri che si sono presentati alla porta di tre residenze di Pescara, risultante frutto dell’attività illecita del nucleo nomade compsto da 37 persone. Frutto bello e succoso: le tre villette in questione, in via Salara Vecchia a Pescara, e due appezzamenti di terreno ubicati nel Comune di Capestrano, per un valore complessivo che supera il milione di Euro. Tutto intestato a Cristoforo Spinelli, classe 1939, alla figlia Adelaide e alla nuora Rosina.
Gli elementi sono esattamente quelli che risultano al centro della normativa antimafia, legge, che dà un ulteriore impulso alle misure di prevenzione patrimoniali e consente di addivenire al sequestro ed alla successiva confisca dei patrimoni illecitamente accumulati da pregiudicati ritenuti socialmente pericolosi. Il sequestro odierno, infatti, fa seguito ad una serie di indagini che hanno evidenziato come molti componenti del nutrito gruppo familiare fossero dediti alla realizzazione di condotte illecite capaci di garantire degli ingiusti e rilevanti profitti patrimoniali.
“Per il capostipite Cristoforo Spinelli”, riferiscono il questore Passamonti e il comandante delle Fiamme Gialle Odorisio, “si contano reati a partire sin dal 1 aprile 1956 fino a tutto il 2010, periodo di incessante attività criminale che gli ha consentito di capitalizzare ingenti patrimoni mai intaccati ed oggi, finalmente, sottoposti a sequestro”. Parallelamente a tali indagini, sono partite, da un lato, l’esame delle dinamiche criminali ad opera del personale della Divisione Anticrimine della Questura e, dall’altro, indagini patrimoniali e tributarie sui beni mobili ed immobili degli indagati, condotte dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza che sono sfociate in un autonomo procedimento di prevenzione da cui è scaturito il sequestro urgente dei beni secondo il codice antimafia. Un provvedimento che non si limita ai soli indiziati di appartenenza ad associazioni per delinquere di stampo mafioso o a sodalizi criminali tradizionalmente ritenuti “più pericolosi”, ma può essere esteso nei confronti di tutte quelle persone che rientrano nella categoria della criminalità comune, purché risulti dimostrata la loro pericolosità sociale nonché la sproporzione tra il valore dei beni posseduti ed i redditi dichiarati, tali da far ritenere che tali beni siano, in tutto o in parte, frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego.
Un ennesima pagina della storia, tutta pescarese, sulla criminalità rom, stretta cerchia disonesta di una comunità ormai inserita nel nucleo sociale abruzzese: dal 2007 ad oggi i sequestri ammontano ad un complessivo 32 milioni di euro circa e 113 sono le misure della sorveglianza speciale emanate nei confronti di altrettanti soggetti. Per circa 13 milioni di euro di beni si e’ anche arrivati alla confisca e presto cominceranno gli sgomberi: l’udienza per quest’ultima confisca confisca, durante la quale si deciderà anche sulla richiesta di nove misure di sorveglianza speciale, è fissata per il 21 giugno prossimo.