Pescara. Contanti per 15milioni di euro prelevati in 4 anni dalle banche del gruppo Villa Pini. Al processo Sanitopoli parla il consulente della famiglia Angelini: “Otto milioni di dazioni”.
La testimonianza del consulente della famiglia Angelini, il commercialista Sergio Spinelli, al centro, oggi, del processo sulle presunte tangenti nella sanità privata abruzzese, che conta tra gli imputati l’ex governatore Ottaviano Del Turco, accusato di associazione per delinquere, corruzione, abuso, concussione, falso. Ad accusare Del Turco l’ex titolare della clinica Villa Pini, Vincenzo Angelini, parte offesa e imputato, che rivelò ai magistrati di aver pagato tangenti per un totale di circa 15 milioni di euro ad alcuni amministratori regionali in cambio di favori.
Una cifra che ritorna anche nella testimonianza di Spinelli, che oggi in aula ha messo in evidenza che dal 2004 al 2007 ci sono “prelievi di denaro contante di notevole importo dalle banche delle società sanitarie del gruppo Villa Pini”. Il consulente ha detto che dal 2004 al 2008 ci sono prelievi pari a 15 milioni di euro, di cui 6 milioni 530 mila euro nel 2004 e 8 milioni 550 mila euro fra il 2005 ed il 2008. Secondo Spinelli gli oltre 8 milioni di euro sarebbero “dazioni come da dichiarazioni rese da Angelini”. Il consulente ha inoltre detto che ci sono “riscontri contabili” di quanto sostenuto relativamente ai prelievi. “Ci sono”, ha sottolineato il commercialista, “date circostanziate che corrispondono alle dichiarazioni di Angelini”. Stando alla sua testimonianza, gli oltre 8 milioni di euro erano parte dei 17 milioni di euro non transitati sui conti dell’ex titolare di Villa Pini e provenienti da un anticipo quote per la vendita di una società. Spinelli rispondendo alle domande dell’avvocato Giandomenico Caiazza, difensore di Del Turco, riguardante alcune date e cifre contenute nella sua perizia, ha detto che in alcuni casi ha chiesto spiegazioni ad Angelini. Spinelli ha anche sostenuto in aula che le strutture del gruppo Villa Pini “ad ottobre 2009 non erano in stato di insolvenza, ma di sofferenza. Se avessero riscosso le somme che gli spettavano non sarebbero andate incontro al fallimento”.