Li avevano convocati, un invito al quale proprio loro non potevano mancare. Il presidente della Regione Chiodi e il provveditore alle Opere pubbliche Donato Carlea, i due uomini che la marineria aspettavano con maggiore ansia per poter avere risposte certe sul mancato avvio dei lavori di dragaggio del porto e sulle richieste avanzate recentemente per un sicuro e garantito ritorno in mare entro metà aprile.
E loro oggi non c’erano nella sala del consiglio provinciale, dove gli uomini del porto, che da oltre 400 giorni non possono lavorare perché tante teste istituzionali non hanno saputo far partire un dragaggio appaltato ormai da mesi, si sono radunati alle 15:30. “Sono impegnati in precedenti impegni”, ha giustificato il prefetto D’Antuono in apertura del vertice, quando i rappresentanti della ditta che si aggiudicata lo scavo di 200mila metri cubi non era ancora arrivato, “ma la Sidra completerà i lavori entro i tempi contrattualmente previsti, e il provveditorato ha aperto alla possibilità di utilizzare i soldi risparmiati con il ribasso d’asta per rendere ancora più fruibile il porto con altri lavori”. L’impressione dello zuccherino imboccato ha reso subito amaro il palato dei marinai in platea e del loro rappresentante, Mimmo Grosso, seduto al tavolo delle cosiddette autorità: il presidente della Provincia Testa, il sindaco Mascia, l’assessore regionale alla Pesca Febbo, il responsabile della Capitaneria Macrì, D’Antuono e, aggiuntosi alla riunione con tutta calma, l’ingegnere capo della Sidra Carlo Alberto Marconi.
Lo zuccherino più amaro è quello firmato da Carlea in calce a una lettera inviata in mattinata a Testa, che l’ex commissario straordinario riferisce a voce: “Secondo il provveditore l’iter annunciato dal ministero alle Infrastrutture (promotore dei lavori Ndr.) prosegue da programma, anzi, Carlea è convinto che la situazione sia meglio del previsto”. Lo stanzone si agita, i pescatori non possono credere alle proprie orecchie. Oggi sono riuniti non per sentirsi raccontare frottole o per farsi riferire da terze persone le ardite speranze di chi doveva far ripulire il porto già da centinaia di giorni: quello che vogliono sapere è soltanto quando partirà il dragaggio, quando le 56 barche potranno tornare in mare e cosa è stato fatto per fargli avere i soldi della cassa integrazione dell’ultimo trimestre 2012 e del primo quadrimestre 2013: “Mica le chiacchiere”, come urla qualcuno dalle file della sala Tinozzi. E Grosso è lì pronto per porre proprio queste domande, precise e ben confezionate, prima che qualcuno inizi a fare passerella politica o che un’accozzaglia di dati sommari venga propinato senza far capire niente a nessuno.
La parola a lui? Macché. La luce si accende attorno al microfono di Carlea. Parole proferite: zero. La marineria non glielo permette. Grosso si alza, si rinfila il giubbino e infila la porta d’uscita, i suoi uomini capiscono l’antifona e fanno lo stesso. Quindi il pandemonio che fa tremare l’intero palazzo. Parole per descrivere ciò che accade non servono: parlano le immagini che vi proponiamo.
Si avvisa che il linguaggio contenuto nelle immagini, figlio di una concitazione estrema, potrebbe risultare fortemente scurrile: in tal caso se ne sconsiglia la visione. E’ semplicemente disperazione.
Daniele Galli