Nel covo e nella mente del ‘bombarolo’: il profilo psicologico di Roberto Di Santo-FOTO

disanto_covoPescara. Trucchi e preservativi tra le bombole e le pistole a gas. Il covo di Roberto Di Santo illustrato nei dettagli dalle immagini dei carabinieri e la mente del ‘bombarolo’ di Roccamontepiano analizzata da un criminologo: “Schizofrenico con manie di grandezza”.

Creme e cerone li usava per camuffarsi e aggirarsi per Chieti senza essere riconosciuto. Ma a cosa servissero i preservativi ritrovati nel suo covo resta un mistero. Sono questi due degli oggetti più curiosi ritrovati e illustrati dal reparto scientifico dei carabinieri tra quelli ritrovati nel covo che Roberto Di Santo si era allestito in un casolare di Rosciano. Effetti personali, come patente e carta d’identità, la Postepay bloccata dagli investigatori e  il tabacco sfuso che il 58enne rollava per fumare. Due accendini e un coltellino svizzero, alcuni spiccioli, un mazzo di chiavi, gli occhiali da vista e alcune pillole medicinali. Ma soprattutto tanto e vario materiale utile per la sua latitanza e indispensabile per costruire gli ordigni esplosivi e incendiari utilizzati, con successo o meno, per incendiare o far saltare in aria la villetta della sorella a Cepagatti, il tribunale e la casa famiglia disabitata di Madonna degli Angeli a Chieti.

Cavi elettrici, fiamme ossidriche, morsetti, batterie d’automobile, pinze tenaglie e cacciaviti: l’armamentario necessario ad assemblare gli ordigni, in parte già rinvenuto nell’appartamento di Villanova. Tanto altro, invece, era il kit di sopravvivenza preparato per resistere alla latitanza nello squallore e nella sporcizia della rimessa occupata per nascondersi e nascondere il suo camper. Un gruppo elettrogeno, batterie stilo e diverse torce elettriche, il computer portatile dal quale preparava i suoi videomessaggi, dvd pieni e vuoti, svariate cuffie audio, una macchinetta e alcune fotografie, una mini-tv da campeggio con la quale si teneva aggiornato sui notiziari e sui servizi d’approfondimento che parlavano della sua vicenda. Panni, scarpe e vestiti, materassi ammassati in una capannina di cartone allestita nella sporcizia al piano terra del decrepito caseggiato rosa immerso nelle campagne della Bonifica di Rosciano. Un posto selezionato da Di Santo in mesi di ricerche, scelto forse anche per l’alta vegetazione che lo tiene nascosto dalla strada: ma la mimetizzazione naturale non gli ha dato abbastanza fiducia. Il ‘bombarolo’ ha voluto anche occultare l’ingresso della rimessa con teloni e lamiere, per tenere lontano da occhi indiscreti quel camper bianco dal tettuccio verde che tutti cercavano. Nella portone costruito alla buona aveva lasciato solo un piccolo pertugio dal quale uscire a piedi o con la bicicletta usata per spostarsi verso Chieti, anche questa ritrovata nel covo. Il camper no, non è mai uscito durante i dieci giorni di latitanza: Di Santo si è rifugiato in questa tana già all’alba dell’8 gennaio, dopo aver incendiato la Golf della vicina ‘scomoda’ di Villanova. Ci è arrivato con il Leyland Sherpa targato AL, ha sgonfiato le ruote del camper per riuscire ad entrare nell’ingresso troppo basso e poi non l’ha più acceso.

ATTREZZATO PER COLPIRE ANCORA. Oltre alla sua richiesta di essere lasciato libero per altri due giorni, “il tempo di andare a Roma per un atto eclatante che convinca il popolo dell’ingiustizia sociale”, rivolta con cortesia ai carabinieri che ieri alle 13:15 lo hanno bloccato, a dimostrare che Roberto Di Santo non avesse nessuna intenzione di fermarsi c’era un piccolo arsenale a sua disposizione. Una bombola di gas, un barattolo e un barile di liquidi infiammabili, un barattolo di colla, una pistola a gas priva di tappo rosso e con 3 cariche di gas di riserva oltre ad una confezione di proiettili di gomma. Lui, però, sia nei messaggi filmati che ai militari che l’hanno arrestato, ha sempre sostenuto di non voler far male a nessuno.

NELLA MENTE DEL BOMBAROLO. Ad illustrare i dettagli della mente dell’uomo che ha gettato mezzo Abruzzo nel panico e tenuto sotto scacco le forze dell’ordine per dieci giorni è, invece, uno psicologo clinico forense specializzato in criminologia. È il dottor Enrico Delli Compagni, giudice esperto presso il Tribunale di Sorveglianza di L’Aquila nonché consulente e docente del Centro studi criminalistici criminologici investigativi e membro della Società italiana a tratteggiare un profilo del ‘bombarolo’ di Roccamontepiano.

Schizofrenia paranoide e deliri di grandezza sono, per l’esperto criminologo, le patologie di cui Di Santo pare affetto. “La schizofrenia”, spiega il dottor Delli Compagni, “è una malattia psichiatrica che altera in maniera significativa il pensiero, il comportamento e l’affettività, limitando le normali attività della persona, nella fattispecie paranoide sono presenti idee deliranti di complotti, congiure che perseguitano il soggetto che spesso è affetto da deliri di grandezza che compensano e ‘spiegano’ le persecuzioni”. Caratteri che trovano riscontro nell’attentatore di Chieti e Villanova: “Accade che lo schizofrenico sviluppi un atteggiamento antisociale di rabbia, attribuendo alla società la responsabilità della patologia stessa della quale il soggetto è vittima”, spiega il criminologo, infatti Di Santo ha dichiarato di condurre una battaglia rivoluzionaria contro il sistema e l’ingiustizia sociale. “È tipico il ribaltamento sulla società dei propri stessi atteggiamenti, per i quali il soggetto si sente vittima”, sottolinea il professore”.

“Di Santo”, spiega ancora Delli Compagni, “ha mostrato la necessità di comunicare nonché di gestire la propria ansia e la propria necessità di essere ‘riaccettato’ da una società di cui è poco più che satellite, attraverso la creazione di un proprio capro espiatorio. Non sentendosi in grado di competere con la società-problema si pone al di sopra accreditandosi come ultimo profeta. I discorsi iniziali, le rivendicazioni, non appaiono peregrine, in taluni aspetti sono anche condivisibili, per poi inerpicarsi in interpretazioni filosofico-religiosi che travalica il confine dell’accettabile in termini di confronto dialettico concreto”. Il riferimento è alle teorie a testi sacri monoteisti, Bibbia e Corano, presi a fondamento, insieme ad alcuni teoremi di Einstein e Newton, da Di Santo per formulare le proprie teorie profetiche: “Si perde nell’esegesi biblica e di altri testi sacri”, spiega infine il criminologo, “innalzandosi come unico reale conoscitore delle teorie e delle parole delle religioni monoteistiche, fino a diventare a tratti escatologico”.

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Daniele Galli


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