Pescara. Il sindaco Albore Mascia impugna il rinnovo del Cda dell’Aca: “Procedura illegittima, spending review non rispettata”. Chiesta anche la sospensione della delibera: “Danno economico per i soci”.
L’amministrazione comunale di Pescara ha formalmente depositato presso il tribunale de L’Aquila l’atto di impugnazione della delibera di rinnovo del Consiglio d’Amministrazione dell’Aca e, in particolare, del suo Presidente, Ezio Di Cristoforo, ritenendo illegittima la procedura seguita lo scorso 3 agosto in sede di Assemblea dei soci. Lo scorso 3 agosto, infatti, il sindaco Albore Mascia non partecipò all’elezione del presidente dell’Aca ritenendo illegittima la procedura adottata, con l’anticipazione del voto rispetto a quello del bilancio consuntivo. “Un éscamotage impiegato per evitare proprio la decadenza dello stesso Presidente, ormai giunto al erzo esercizio finanziario”, spiega il primo cittadino. Lo scorso 29 ottobre l’avvocato Di Giovanni, legale del comune, ha inviato al tribunale aquilano, competente sulle controversie societarie, l’atto formale di appello. Il Comune di Pescara è socio, titolare di 5 delle complessive 69 azioni ordinarie, dell’Aca che si occupa della gestione del ciclo idrico integrato costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua a usi civili di fognatura e depurazione delle acque reflue, nell’ambito territoriale ottimale pescarese. Lo Statuto dell’Aca prevede, all’articolo 15, riferito alla nomina degli amministratori, che ‘i membri del Consiglio d’amministrazione restano in carica per il periodo stabilito dalla loro nomina e comunque non oltre tre esercizi, e scadono in concomitanza con l’approvazione del terzo esercizio e sono rieleggibili. In caso di dimissioni della maggioranza dei membri del Consiglio, decade l’intero Consiglio. E se nel corso dell’esercizio vengono a mancare per rinuncia o per altra causa, prima della scadenza del mandato, la metà o più della metà degli amministratori in carica, decade ugualmente l’intero Consiglio. “Nell’assemblea del 6 novembre 2008”, ricorda Mascia, “approvato il bilancio per l’esercizio 2007, si provvedeva alla nomina del Consiglio d’amministrazione di tre membri, ossia Ezio Di Cristoforo, Giuseppe Di Michele e Bruno Catena: il Cda aveva la durata dei tre esercizi successivi, dunque il Consiglio sarebbe venuto a scadenza in occasione dell’approvazione del bilancio 2010. Nel 2009, tuttavia, il consigliere Catena si è dimesso, e l’Assemblea ordinaria ha provveduto, il 19 luglio 2010, alla sua sostituzione con l’avvocato Concetta Di Luzio, senza tuttavia determinarne la durata di mandato. Nel corso dell’esercizio 2011 non sono state adottate decisioni in merito al rinnovo delle cariche fino a quanto il Presidente del Cda dell’Aca, ha convocato l’assemblea ordinaria di Aca Spa per il 3 agosto per nominare il Presidente del Consiglio d’Amministrazione”.
L’Assemblea, in quella sede, ha deliberato il rinvio ad altra seduta della decisione inerente la nomina di un solo componente del Cda, fermo restando gli sviluppi normativi sulla Spending Review, e ha deliberato la nomina del Presidente del Cda Ezio Di Cristoforo per un triennio, dunque sino all’approvazione del bilancio 2014. “E invece”, rimarca il sindaco Mascia, “in occasione dell’approvazione del bilancio 2011 sarebbe stato necessario rinnovare l’intero Consiglio d’amministrazione dell’Aca. La delibera approvata è poi nulla per violazione della normativa della Spending Review: la maggioranza del Cda, ovvero Di Cristoforo e Di Michele, erano comunque in scadenza di mandato, dunque per procedere al rinnovo occorreva inserire nel Consiglio d’amministrazione della società a capitale pubblico due dipendenti dell’amministrazione titolare della partecipazione o scelti d’intesa tra le amministrazioni”. L’amministrazione comunale ha dunque impugnato l’atto dinanzi al Tribunale de L’Aquila, inoltrando peraltro anche istanza di sospensione della delibera stessa che oggi consente la perpetuazione del previgente Cda dell’Aca in violazione delle regole di legge e dello Statuto “e violando, soprattutto, i criteri dettati per il risparmio di spesa nella pubblica amministrazione, con un danno grave anche dal punto di vista economico”, conclude Albore Mascia.