Il sindaco di Spoltore, Luciano Di Lorito, ha scritto una lettera al Presidente della Regione e del Consiglio Regionale, per condividere delle riflessioni in merito alla Nuova Pescara: comune che andrà a gestire i territori territori degli attuali comuni di Pescara, Montesilvano e Spoltore.
“Intendo promuovere un confronto aperto su dati attuali, concreti, per comprendere se la fusione, così come stata prevista in questo momento storico, sia una strada conveniente per i comuni coinvolti.
Gran parte dei risparmi stimati sono i 5 milioni di euro legati al costo del personale: si tratta quindi di un risparmio del tutto “virtuale”, di lunghissimo periodo, perché la creazione di un nuovo comune dal primo gennaio 2019 non comporterà il licenziamento dei dipendenti di due comuni su tre. Per fortuna, aggiungo, considerando le carenze, ormai croniche per tutti i comuni italiani, proprio sul fronte del personale. Ci sono poi i costi della politica, peraltro già ridotti in maniera sensibile negli ultimi anni: dubito in ogni caso che 228 euro al mese in più (i rimborsi di tutti i consiglieri comunali di Spoltore messi insieme) possano arricchire le casse del comune di Nuova Pescara.
Il comune di Nuova Pescara non supererà i 250 mila abitanti, quindi la popolazione di questi tre territori dovrà coprire i costi dei servizi pubblici e delle opere pubbliche utilizzando gli stessi trasferimenti che attualmente spettano al comune più grande, ovvero Pescara. Rischiamo così di perdere almeno in parte i trasferimenti dei comuni di Montesilvano e Spoltore: nell’ultimo anno circa 6 milioni di euro.
Ma la vera partita, qualcuno potrebbe dire, si gioca sul “premio” dal governo centrale che spetta ai comuni quando decidono di fondersi: per un periodo di dieci anni, è un contributo straordinario pari al 20% dei trasferimenti erariali complessivamente attribuiti ai comuni preesistenti per l’ultimo esercizio precedente alla istituzione del nuovo ente. Sono 8.700.000 euro all’anno: moltiplicati per 10 rappresentano la gran parte delle sbandierate risorse in più, quelle che stiamo perdendo per ogni giorno di ritardata fusione. Secondo i promotori dell’iniziativa, ritardando la fusione dall’11 settembre 2014 ad oggi sono andati perduti oltre 48 milioni di euro: è completamente falso!
Per comprenderlo basta conoscere le norme attuali. Secondo la legge di bilancio 2017, ogni evento aggregativo ha diritto ad un incremento straordinario aumentato al 50%, e non più quindi del 20%, calcolati utilizzando come base i trasferimenti ordinari del 2010. Un’ottima notizia, verrebbe da dire, anche perché nel 2010 non era ancora partita la stagione dei grandi tagli ai trasferimenti: peccato però che la norma preveda un tetto massimo per il bonus di 2 milioni di euro all’anno. Chi non ci crede è libero di controllare: il tetto è stato introdotto dal DL 90/2014 (art.23). Non c’è da sorprendersi, perché parliamo di norme scritte per favorire la fusione dei piccoli comuni. In dieci anni, dunque, avremo un bonus massimo di 20 milioni di euro. Rischiando di perdere, nello stesso periodo di tempo, una cifra pari se non superiore. Guardando i trasferimenti erariali dei pochi Comuni che hanno effettuato la fusione, è evidente che la ratio delle leggi che spingono per accorpare gli enti locali è quella di limitare i trasferimenti: i cinque Comuni che hanno dato vita al Comune di Valsamoggia (30.727 abitanti) nel 2013, prima della fusione, ricevevano complessivamente dallo Stato oltre 5 milioni di euro: nel 2017 il nuovo Comune ha ottenuto euro 3.577.385 euro, nel 2016 euro 3.628.860, nel 2015 euro 1.627.571, nel 2014 euro 2.869.509.
I bonus vengono assegnati, fino ad esaurimento delle risorse stanziate per il fondo apposito, dando priorità alle fusioni con maggiore anzianità (D.M. 27 giugno 2017, art.2 c. 2): in caso di fondi insufficienti, dunque, sarebbero davanti al comune di Nuova Pescara, tra gli altri, i comuni di Fabbriche di Vergemoli (792 abitanti) Comano Terme (2.952 abitanti), Rivignano Teor (6.305 abitanti), Valvasone Arzene (3.988 abitanti). Non solo: fino al 2014 era prevista un’esenzione temporanea dai vincoli del Patto di stabilità interno. Anche questa agevolazione è stata cancellata.
Voglio ricordare, per concludere, che il Comune di Pescara è in predissesto: al di là della regolarità normativa – non spetta a me stabilire se sia possibile far ereditare a un nuovo Comune un piano di rientro approvato dalla Corte dei Conti e, come tale, teoricamente non modificabile – mi chiedo se sia eticamente e politicamente opportuno imporre ai cittadini di Montesilvano e Spoltore il riequilibrio di un bilancio dal quale non hanno mai ricevuto servizi.
E’ evidente la necessità di realizzare uno studio costi/benefici serio e approfondito sulle reali condizioni degli enti che si andranno a fondere e sul quadro normativo di riferimento, senza ripetere con superficialità cifre calcolate ad uso e consumo di un paio di conferenze stampa.
E’ inutile continuare a discutere guardando le tabelline realizzate dal comitato promotore del referendum nel 2014, secondo le quali, per fare un solo esempio, il consiglio comunale di Spoltore costa 53.280 euro ogni anno. Nel 2016, intendiamoci, i lavori del nostro consiglio sono costati euro 2.738 (duemilasettecentotrentotto).
Occorre, passatemi l’espressione, un vero e proprio business plan che tenga in considerazione gli scenari attuali e futuri per valutare la convenienza, intesa come interesse generale costituzionalmente riconosciuto, della popolazione coinvolta nel processo di fusione. Pensate a quello che è accaduto con le Province!
Sono sicuro che nessuno avrà la possibilità di sottrarsi alle responsabilità amministrative, economiche e storiche, legate all’approvazione di un simile provvedimento. Non solo amministratori pubblici, ma anche portatori d’interesse e opinion leader che in questi mesi stanno portando avanti campagne d’informazione completamente fuori dalla realtà.
Non è un mio desiderio eludere la volontà popolare espressa dal referendum del 2014, ma bisogna valutare la strada migliore per renderla concreta, che potrebbe passare dall’approvazione di un’apposita legge nazionale o dalla creazione di un’Unione dei Comuni, con servizi e funzioni condivise, destinata a trasformarsi in fusione quando le condizioni fossero di maggior vantaggio”.