Pescara. Contro la liberalizzazione degli orari commerciali che favorisce la grande distribuzione e per chiedere che la Regione impugni il provvedimento del governo come hanno già fatto Toscana, Piemonte, Lazio e Veneto, la Confesercenti di Pescara ha scritto a tutti i consiglieri regionali eletti nella circoscrizione provinciale ed ha inviato una lettera anche all’arcivescovo di Pescara-Penne, monsignor Tommaso Valentinetti, per chiedere di far sentire la sua voce a tutela del diritto al riposo degli esercenti e dei loro dipendenti.
“Questa città e il suo hinterland hanno subito una presenza troppo ingombrante e aggressiva della grande distribuzione organizzata e degli outlet” scrivono nella lettera a Valentinetti il presidente di Confesercenti Bruno Santori e il direttore Gianni Taucci, “capaci di alterare artificiosamente il mercato e spostando quote ormai rilevantissime di consumi verso le grandi centrali d’acquisto spesso straniere, mortificando dunque l’economia reale endogena ed espellendo dal mercato centinaia di attività imprenditoriali a gestione familiare. L’area urbana di Pescara è fra quelle a più alta concentrazione di centri commerciali in tutta Italia, e lo è diventata in barba alla natura prettamente commerciale della nostra realtà lasciata, dunque, senza la sua economia primaria. Sarebbe come se a Torino si facesse di tutto per colpire la Fiat e nessuno muovesse un dito”.
Ora, dicono Santori e Taucci, “con le liberalizzazioni decise dagli ultimi governi, per la nostra categoria parte l’allarme definitivo. La liberalizzazione totale degli orari commerciali nei fatti concentrerà i consumi nelle giornate festive, in quelle giornate cioè nelle quali le piccole e medie attività commerciali – alle quali si chiede di presidiare il territorio, di illuminare le strade, di conservare il decoro urbano, di esercitare un servizio di prossimità – potranno restare aperte solo a costo di enormi sacrifici personali, umani, familiari. Una piccola azienda non può lavorare sette giorni su sette, diciotto ore al giorno. La grande distribuzione, invece, sì”. Dunque vengono a cadere anche le ultime speranze di chi non trova lavoro o lo perde: “Oggi queste persone, soprattutto giovani, hanno l’opportunità di aprire un’attività in proprio e molti lo stanno facendo. La liberalizzazione penalizza anche loro” dicono i dirigenti di Confesercenti. Per questo la Confesercenti pescarese ha scritto al vescovo: “Abbiamo chiesto ai consiglieri regionali eletti nel nostro territorio di spingere sul ricorso della Regione alla Corte costituzionale, come hanno già fatto Toscana, Lazio, Piemonte e Veneto, affinché oltre alle sirene della grande distribuzione riescano a sentire anche la voce delle piccole e medie attività commerciali. E vorremmo che anche Lei facesse sentire la Sua voce autorevole. Già oggi” si legge nella lettera, “nella sola Pescara, sono oltre 600 i negozi sfitti e la domenica è diventata un giorno lavorativo come gli altri, ma solo per i commercianti e i loro dipendenti: ci chiediamo, a questo punto, perché non avviene anche per gli uffici pubblici, le banche, le poste, le scuole. Ma non può essere questa la società che stiamo costruendo: in Germania, Austria, Paesi Bassi, Belgio e nei Paesi scandinavi gli orari sono più rigidi, le domeniche sono tali per tutti e la crisi economica è meno sentita che in Italia. Vogliamo evitare che nella nostra terra con le festività vengano cancellate migliaia e migliaia di piccole e medie imprese. Ogni negozio che chiude è una famiglia senza lavoro”.