Pescara. Un immotivato atto di bullismo. E’questo lo sconsolante scenario che ha fatto da sfondo al tentato omicidio del ventitreenne pescarese S. M. M. A., aggredito, sopraffatto e colpito con tre coltellate alla schiena la notte del 2 ottobre a Pescara vecchia, nel cuore della “movida”.
La Squadra Mobile ha eseguito oggi due provvedimenti restrittivi e diverse perquisizioni nei confronti di alcuni protagonisti dell’efferato fatto di sangue, avvenuto a pochi passi dall‘Orange Rock Cafè.
Su richiesta del Pubblico Ministero dell Tribunale per i Minorenni di L’Aquila, Antonio Altobelli, il Gip Silvia Reitano ha disposto la custodia cautelare in un istituto di pena per minorenni nei riguardi di D.D.D. 17 anni, ritenuto l’autore materiale del tentato omicidio.
Il suo complice, C.C., 22 anni, è stato posto invece agli arresti domiciliari nella sua abitazione di Pescara, su disposizione del Gip Maria Michela Di Fine, che ha così accolto la richiesta formulata dal Sostituto Procuratore Giusepe Bellelli, che ha coordinato le indagini unitamente alla collega Anna Rita Mantini.
Altri due soggetti, uno poco più che maggiorenne, S.S., indagato per concorso in tentato omicidio, e l’altro minorenne, M.J., indagato per favoreggiamento, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria .
Le indagini hanno messo in luce l’esistenza di un vero e proprio “branco”, composto da giovanissimi con trascorsi personali “difficili”, abituai frequentatori della zona di Pescara vecchia, dove avevano imposto la legge del più forte nei confronti di chiunque, per qualsiasi motivo, si fosse trovato in contrasto con uno di loro.
Un gruppo quindi conosciuto e temuto, proprio per la violenza dei suoi appartenenti, su cui aleggiava la fama di “picchiatori”.
Il che spiega l’iniziale riluttanza, nelle fasi successive all’accoltellamento di S. M. M. A., dei testimoni – tutti molto giovani – ascoltati dagli inquirenti nel raccontare quanto successo quella notte.
Solo in un secondo momento, messi alle strette dagli investigatori, gli amici e la stessa vittima collaboravano con i poliziotti, fornendo importanti dettagli sull’accaduto e sulla responsabilità dei singoli soggetti.
Quanto riferito dai testimoni avvalorava gli elementi già raccolti dalla Squadra Mobile sul conto di D.D.D., che nell’ambito di una parallela attività di indagine condotta per una diversa vicenda, aveva intercettato una conversazione telefonica in cui il minorenne si accollava la responsabilità dell’accoltellamento, ricevendo come risposta uno sconcertante “hai fatto bene” da un giovane interlocutore.
Altre conversazioni confermavano come D.D.D. avesse materialmente sferrato i colpi all’indirizzo di S. M. M. A. e che il coltello utilizzato gli fosse stato regalato il giorno prima da suo padre (a sua volta gravato da numerosi precedenti penali), al quale D.D.D. aveva confidato quanto accaduto, rassicurando l’uomo, evidentemente preoccupato di un suo possibile coinvolgimento, di essersi disfatto dell’arma tramite l’amico M.J.
Le testimonianze raccolte dai poliziotti chiarivano i contorni della vicenda e le futili, per non dire inesistenti, motivazioni che avevano portato D.D.D. – spalleggiato per tutta la durata della violenta aggressione da C.C. e da altri (tra cui il soggetto indagato a piede libero) -all’accoltellamento di S. M. M. A. (al quale uno dei fendenti aveva cagionato la perforazione del polmone), “reo” di essere amico di un ragazzo inviso al “branco” .
Ulteriori particolari dopo la conferenza stampa in programma questa mattina.