Pescara. Nessuna valutazione di impatto ambientale (Via) per il dragaggio di 72 mila metri cubi di fanghi e detriti dalla darsena commerciale del porto. A lanciare l’allarme sui rischi ambientali per lo scalo pescarese è la sezione regionale del Wwf, che critica il progetto che dovrà essere avviato entro metà novembre.
Gli ambientalisti dicono no al piano elaborato dalle istituzioni nazionali e locali per cercare di risollevare le sorti della marineria pescarese e riportare a pieno regime il porto pescarese. Lo scarico a mare dei 72 mila metri cubi di detriti depositati sui fondali del canale, in particolare, non risolverebbe l’annosa questione dell’insabbiamento e rappresenterebbe una “finta scorciatoia”. “Converrebbe identificare una filiera per il riutilizzo del materiale, con enormi benefici ambientali e risparmi anche presso i cantieri”, rilanciano i rappresentanti regionali del Wwf. A sostegno della loro ipotesi citano l’esempio della realizzazione della diga foranea, priva di via, e riportano uno stralcio di un documento prodotto dall’associazione internazionale delle aziende che si occupano di dragaggio. “Sebbene i dragaggi siano necessari per sviluppare e mantenere le infrastrutture per la navigazione in tutto il mondo”, si legge, “il dragaggio può comportare vari gradi di rischio per l’ambiente. Pertanto la tutela dell’ambiente è una parte essenziale, a volte cruciale, dell’attività di pianificazione e realizzazione di progetti di dragaggio. Uno dei primi passi prima dell’avvio di un progetto di dragaggio è la realizzazione di una valutazione di impatto ambientale”.
“Si sono spese molte parole al vento”, sostiene l’associazione, “la questione ambientale pare essere vista più come un ostacolo che come una parte fondamentale per la soluzione del problema. Le attività di dragaggio si svolgono in un mare che vede già fortemente compromesse le sue capacità di recupero dal punto di vista ambientale. Le conseguenze ambientali dello sversamento a mare possono, secondo gli stessi organismi scientifici dello Stato, risentirsi anche a 20 chilometri di distanza perché il materiale può viaggiare in sospensione con le correnti”. E’ per questo che per il recupero dello scalo pescarese, oltre alla procedura di Via “sarebbe indispensabile anche la verifica di assoggettabilità a Via, che viene svolta in diverse regioni italiane e in tutta Europa”. Al contrario la Regione Abruzzo ha previsto 45 giorni per la pubblicazione del progetto e la ricezione delle osservazioni da parte dei cittadini.
Il Wwf mette in forse anche le analisi dei fondali eseguite dall’Arta, l’agenzia regionale per la tutela dell’ambiente. Gli esami che hanno stabilito che il materiale da dragare è “pienamente compatibile con l’ambiente marino”, secondo gli ambientalisti non sarebbero in linea con i parametri fissati dall’Apat nel manuale per il movimento dei sedimenti marini. “In ben sei carotaggi”, spiegano, “sono state evidenziate condizioni non compatibili. Le scorciatoie hanno le gambe corte e non aiutano a risolvere i problemi”.
Daniele Galli