Pescara, droga e discariche tra i palazzi incompiuti sulla Tiburtina. Residenti esasperati da 40 anni

palazziclericoPescara. Gli scheletri di 3 palazzoni in piedi da oltre quarant’anni, incompleti a causa di un contenzioso tra il costruttore e il Comune. Ma intanto, su quei 3 ettari alle porte di Rancitelli, dominano sporcizia, tossicodipendenti e il crescente pericolo sanitario e di crollo per gli abitanti delle palazzine adiacenti, stufi di aspettare e subire a causa della burocrazia.

A volte si scrive di “centrali della droga” o di “rioni dello spaccio” senza poter pesare le parole con un contrappeso concreto. Stamattina, invece, mentre gli abitanti dei civici 144, 146 e 148 di via Tiburtina ci mitragliavano di lamentele e riferivano a perdifiato di episodio degradanti, ci siamo visti passare davanti ai nostri occhi due uomini, intenti a trafugare qualcosa nell’erba alta dell’area recintata dei palazzi Clerico; un cantiere edile su circa 3 ettari inibito all’ingresso pubblico sul quale dal 1968 hanno modo di stare, e forse non il diritto, solo gli scheletri di 5 edifici.

Oltre quarant’anni fa, infatti, i fratelli Clerico hanno iniziato a costruire questi alti palazzoni residenziali; a fermarli ben presto fu il contenzioso aperto dal Comune di Pescara, una decina di Giunte fa, basato su una discordanza tra la volumetria concessa dal Piano regolatore e quanto i costruttori avrebbero realizzato, apparentemente in eccesso. La verità è rimasta sepolta tra le carte delle cancellerie e le cause in tribunale; lì sulla Tiburtina, a marcire, sono rimasti gli scheletri eretti di due palazzi e le basi di altre tre: due costruite solo per un piano, l’ultima rimasta bassa e ormai sepolta dalle erbacce ad ospitare uno stagno, regno di topi, bisce e rane gracidanti nelle sere d’estate, ben contente degli sciami di zanzare a disposizione.

Molto meno contenti sono quelli che abitano lì attorno, per non dire lì attaccati, visto che una palazzina è visibilmente distante molto meno della norma di legge e procede ad inclinarsi pericolosamente. Sono i signori Altieri e Oggianu a riferire che “circa due anni fa un muro al quinto e un altro al secondo piano è crollato, perché lì sotto ormai è pieno d’acqua e prima o poi questo palazzo ci crolla addosso”. Sono loro, insieme ad alcune della 90ina di famiglie confinanti con l’area dei Clerico, che questa mattina si sono raccolti, invitati dal capogruppo circoscrizionale Pd Giacomo Cuzzi e da quello Consiliare Moreno Di Pietrantonio, a raccontare di un vero e proprio incubo quotidiano.

Alle spalle dei palazzi c’è via Tavo, quella che una volta si chiamava via Rancitelli e che diede il nome allo storico e tristemente noto quartiere che ospita il ‘Ferro di cavallo’. Il degrado dei palazzi incompleti e la strettoia che crea nel cortile privato dei civici sopracitati formano una porta d’accesso, ben nascosta e meno controllata dalle forze dell’ordine, per spacciatori e tossicodipendenti che vogliono accedere alle “centrali dello spaccio” site tra i palazzi popolari. Gli stessi ‘scheletri’ e la ‘savana’ sorta tra quegli ammassi inconclusi di cemento e mattoni sono divenuti comodi rifugi per tossicodipendenti, senzatetto e vagabondi che cercano dove dormire o rifugiarsi per consumare la dose o il cartone di vino. “Qui succede di tutto”, racconta esasperato il signor Fringuelli, “dalla mattina alla notte si sentono gli schiamazzi dei tossici, che vengono anche a fare i bisogni sui nostri portoni, gli spacciatori che vengono a vendere riparati dai nostri palazzi,e poi i loro clienti vanno via ancora drogati sbattendo con le loro automobili a quelle parcheggiate. Abbiamo sinceramente paura ad uscire o a far scendere in strada i nostri figli”.

Negli anni sono stati vari anche i cadaveri rinvenuti negli edifici in costruzione, ancora con la siringa infilata in vena; i proprietari dell’area cercano di mettere riparo con delle inferriate per impedire l’ingresso alle scale interne o rattoppando le barricate di lamiera che vengono settimanalmente divelte. Una situazione totalmente fuori controllo, tant’è che, come già detto, due uomini spuntano tra l’erba con dei pacchi tra le mani, senza minimamente sentirsi anche intimiditi dalla folla riunita o da fotocamere e telecamere: “Quello lì viene qua tutti i giorni, è uno spacciatore, va a depositare la droga, se vuole ve lo faccio intervistare, non si spaventa nemmeno”, ci dice uno dei residenti.

Dal paradossale scenario criminale, tanto visibile quanto aggirabile, si passa a quello sanitario. Il filo spinato apposto al recinto, arrugginito e ad altezza uomo è solo il minore dei timori. All’interno un tappeto di rifiuti “che ormai chiunque passa ci butta, direttamente con le buste”, dicono i residenti, ma anche tante siringhe a portata di bambino e al centro dello scempio, mimetizzato dal verde, lo stagno sotto le fondamenta nascoste. “Ormai è uno zoo e l’estate tra la puzza e i rumori si devono tenere le finestre aperte: zanzare, topi, rane, serpi”, continuano gli abitanti. Un pericolo sanitario che, seppur circoscritto in un area privata, interpella direttamente le istituzioni pubbliche: “Per il Comune la bonifica sanitaria è un obbligo” ritiene Giacomo Cuzzi, mentre Moreno Di Pietrantonio ha già presentato un’interrogazione urgente in Consiglio comunale per chiedere a sindaco e Giunta di intervenire decisi: “Questa situazione deve essere risolta definitivamente: o si abbattono o si ultimano quei palazzi”, commenta, invitando i cittadini a partecipare alla seduta consiliare di venerdì prossimo nella quale si discuterà il caso.

Intanto, anche chi vuole “scappare” non ci riesce: se un inquilino paga oltre 300 euro al mese per 90 metri quadri, chi cerca di vendere lo stesso appartamento ad un prezzo di mercato è costretto a svendere. Un cartello appeso al 144 promuove la vendita di un appartamento di 100 metri quadri a 148mila euro: “Sta lì da due anni, inizialmente ne chiedevano 200mila, ma chi te li dà per comprarsi una casa in questo schifo?”, interroga lapidario un uomo mentre rincasa sconsolato.

 

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Daniele Galli


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