Pescara. I tecnici infettivologi dell’Unione europea hanno giudicato “esemplare di buona prassi medica” la gestione del lavoro dei responsabili del reparto di neonatologia di Pescara, nel contenimento dell’epidemia causata da Serratia marcescens, sviluppatasi tra aprile e maggio, nell’unità operativa del Santo Spirito di Pescara. Reparto finito spesso sotto accusa negli ultimi mesi.
Il giudizio lusinghiero della Ue ha fatto guadagnare al management della Asl di Pescara una pubblicazione sulla rivista leader in Europa sui temi epidemiologici, di prevenzione e controllo delle malattie infettive “Eurosurveillance”, con sede a Stoccolma. La notizia, che conferma l’esito positivo della verifica aziendale interna circa la “rapida identificazione e interruzione di una epidemia di colonizzazioni/ infezioni da Serratia marcescens”, è stata resa nota dal commissario ad acta per la sanità, Gianni Chiodi, che ha voluto manifestare al manager della Asl di Pescara, Claudio D’Amario, “apprezzamento per il riconoscimento internazionale, indice della competenza e capacità del management pescarese, al punto da meritare una segnalazione ed una pubblicazione su una rivista leader in Europa”. Gli esperti al servizio della Comunità europea hanno apprezzato “l’appropiatezza e l’efficacia delle misure di controllo poste in essere immediatamente al verificarsi della crescita della Serratia nel reparto di neonatologia, i contestuali campionamenti ambientali su muri, pavimenti, bordi ed angoli, porte, maniglie, mensole, cartelle cliniche, fino alle mani, cellulari del personale medico e non medico, bottiglie e scatole di farmaci e saponi disinfettanti. “Altri report in letteratura – ha spiegato il commissario Chiodi – basta guardare ai recenti casi di altri ospedali italiani – hanno evidenziato la difficoltà nel contenere le infezioni/colonizzazioni da Serratia marcenscens, le quali, proprio nelle terapie intensive, spesso causano epidemie di lunga durata, con alto tasso di mortalità e con picchi epidemiologici di ricorrenza dopo il primo. Nel caso abruzzese – ha concluso Chiodi – va fatto notare non soltanto la capacità di arginare il dramma dei decessi che avrebbe potuto essere più esteso ma anche quello di evitare una ricaduta epidemiologica”.