Tutte le attività commerciali sono sospese, le navi più grandi di un gommone non possono transitare: questo vuol dire che il porto di Pescara è attualmente morto, o quantomeno in stato comatoso. In sostanza è questa la conclusione che si può trarre dalla conferenza stampa che gli operatori marittimi hanno tenuto stamattina. L’assassino è noto: il dragaggio; ovvero quel dragaggio ritardato, parzializzato, ridotto ai minimi e costosissimi termini. A parlare sono Bruno Santori, proprietario della società marittima SanMar, e il collega Giuseppe Ranalli: “Tutte le attività commerciali sono sospese, abbiamo sollevato un allarme da oltre due anni – ma non c’e’ stato un solo centimetro di fondale guadagnato”, riferisce Santori, “”Il porto è chiuso, c’è una petroliera ferma da cinque giorni. Non c’e’ chiarezza, non conosciamo, ad esempio, i risultati delle analisi. Chiediamo risposte certe e in particolar modo una strategia per risolvere la situazione”, aggiunge Ranalli. Parole che ormai sembrano una litania che risuona da troppo tempo tra le banchine. I pescatori, attraccati forzatamente, protestano; gli operatori commerciali, bloccati a terra, protestano; unico appiglio per la deriva definitiva del porto resta il turismo: “Almeno per ciò che attiene i collegamenti con la Croazia gestiti dalla Snav al momento non ci dovrebbero essere rischi”, rassicura Santori, anche se “lo stesso pilota del porto è tornato a denunciare che lo scalo pescarese è insicuro e che dopo l’ultima mareggiata non si riesce a fare manovra”.
Daniele Galli