Pescara. L’eccidio di Colle Orlando, ha segnato una tragica pagina della storia del capoluogo adriatico, con il barbaro assassinio di tre uomini, tre civili, strappati alle proprie famiglie dalle truppe delle SS e trucidati. Oggi nel luogo della loro morte l’amministrazione comunale ha voluto porre una lapide a perenne memoria di quel sacrificio, di quegli uomini, quei papà, quei mariti, e quale monito per le future generazioni, tra l’altro una cerimonia che cade a pochi giorni dall’assassinio dei quattro giovani alpini, morti per l’esplosione del mezzo blindato su cui viaggiavano in Afghanistan impegnati in una missione di pace.
Stamane, Il sindaco di Pescara Luigi Albore Mascia, con il Presidente del Consiglio comunale Licio Di Biase e il consigliere Vincenzo D’Incecco ha scoperto la lapide, posta su di un altarino con una Madonna realizzato dai residenti. Presenti anche l’assessore Marcello Antonelli, il consigliere comunale Armando Foschi, Don Max parroco di Fontanelle, i figli e i nipoti dei tre civili uccisi il 13 ottobre 1941, tra cui il giovane Marco Di Giacomo, nipote di una delle vittime dell’eccidio e promotore dell’iniziativa, olotre ai tanti residenti.
“Oggi – ha ricordato il sindaco Albore Mascia – commemoriamo una tragedia avvenuta 67 anni fa: un drammatico episodio, purtroppo non isolato durante la guerra, durante ogni guerra, quando si perdono anche i valori basilari del vivere umano e civile. Oggi vogliamo dunque ricordare quei tre civili pescaresi uccisi, vogliamo commemorare il loro sacrificio, e mantenere viva la memoria di quegli uomini, di quei capifamiglia che hanno lasciato mogli e figli. Una storia, che tra l’altro abbiamo riscoperto grazie al consigliere Vincenzo D’Incecco. E abbiamo scelto di commemorare la tragica ricorrenza ponendo una lapide esattamente dove vennero trucidati Di Berardino, Di Giacomo e Mancini, un simbolo di tutti i civili caduti sotto la follia della guerra”. Oggi con la lapide abbiamo ristabilito la verità e dato la giusta memoria a tre civili uccisi ingiustamente”.
Monica Coletti