Pescara. “E se scoprisse che l’acqua che avete sempre bevuto è contaminata da sostanze cancerogene, come reagireste?”. Si apre con la drammatica domanda il servizio andato in onda ieri sera a Le Iene.
L’inviata di Italia Uno, Nadia Toffa, ha visitato i siti inquinato della Val Pescara insieme ai rappresentanti del Forum abruzzese per i diritti dell’Acqua e ha riportato, finalmente, alla ribalta nazionale ciò che per 25 anni è passato per i rubinetti di 700mila abruzzesi.
Intervistando l’idrobiologa dell’università de L’Aquila Diana Galassi, l’esperto chimico dell’università di Chieti Fausto Croce, e il dottor Maurizio Proietti dell’associazione Medici per l’Ambiente, Le Iene hanno denunciato a tutta l’Italia come mezzo il dna di mezzo Abruzzo possa essere stato contaminato dalla pericolosissima “prolungata esposizione di basse dosi per lungo tempo” di sostanze come arsenico, cromo, mercurio, piombo esacloroetano, quelle rilevate in elevatissime quantità dalle acque che sono passate per gli acquedotti pescaresi.
Niente di nuovo, purtroppo, da queste parti. Ma Nadia Toffa si è spinta oltre ed è andata a caccia di Giorgio D’Ambrosio e Bartolomeo Di Giovanni, ex e attuale presidente dell’Azienda consortile acquedottistica, accusati nel processo in corso di non aver avvertito la popolazione dei rischi nonostante le note di allerta dell’Istituto superiore di sanità del 2004.
Ma D’Ambrosio, occhi in camera, smentisce tutto: “E’ una serie di corbellerie, non era acqua contaminata: non c’è nessuna analisi fatta nei modi previsti dalla legge che attesti che c’è stata erogazione di acqua potabile con dei valori superiori a quelli consentiti a quelli consentiti dalla normativa vigente”. D’Ambrosio assicura che lui e la sua famiglia hanno sempre bevuto quell’acqua.
Meno tranquillo Di Giovanni: “L’acqua fornita alla cittadinanza era idonea, ho bevuto quell’acqua”, ma ammette, “non era sbagliato avviare una procedura per avvertire la popolazione”.