Da qualche giorno il documento per il riordino della rete ospedaliera è stato inviato al Tavolo di Monitoraggio per le opportune osservazioni da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Ministero della Salute.
Dopo averlo valutato attentamente e soprattutto dopo l’incontro avuto con l’assessore regionale Verì, alla quale abbiamo espresso le nostre perplessità, riteniamo opportuno intervenire. I dubbi sono legati al rischio effettivo di una mancata riorganizzazione, che darebbe un colpo mortale alla sanità abruzzese (già in precario equilibrio), e riguardano anche il pericolo concreto di dividere e risvegliare antichi campanilismi (in un momento in cui c’è bisogno di unità e di collaborazione). È un errore, in particolare, l’aver abbandonato l’idea di avere due ospedali di secondo livello. Se infatti il piano sembra promuovere tutte le strutture ad una sorta di livello superiore, in realtà, nessuna di esse è promossa mentre resta alto il rischio di aumentare le rivalità.
La mancata riconversione e quindi il mantenimento dei piccoli ospedali, con lo stesso personale di oggi, porterebbe inevitabilmente a uno scadimento della qualità delle prestazioni. In questo modo forse accontenteremmo qualche campanile ma, di fatto, non riusciremmo a dare una risposta sanitaria di qualità (neanche nei grandi ospedali) con grave nocumento per tutti i cittadini abruzzesi. Analizzando concretamente il documento, non possiamo non notare tante “anomalie” e forzature che ci portano a concludere che la provincia dell’Aquila sia stata abbandonata al proprio destino. Qualche esempio. Se nel vecchio documento erano previsti due reparti di chirurgia toracica pubblici e uno privato convenzionato, ora spunta un quarto reparto a Chieti. Se prima in tutta la regione erano previste due neurochirurgie (a L’Aquila e a Pescara), ora diventano tre (una anche a Teramo) con il rischio di disperdere le risorse. E ancora: il centro hub di terapia del dolore è previsto a Chieti ma tutti sanno che all’Aquila esiste un’attività con una tradizione importante, che sta facendo scuola per l’introduzione di nuove tecniche e in cui vengono trattati atleti del calibro del ciclista Vincenzo Nibali.
La lista non finisce qui. Scendendo nel dettaglio, si evince anche che nel giro di 60 chilometri, fra Chieti e Teramo, ci saranno ben 4 chirurgie toraciche (2 a Pescara, una a Chieti e una a Teramo) e 2 neurochirurgie (una a Pescara e una Teramo). La Regione continua a spendere parole sulle patologie “tempodipendenti” ma le incongruenze restano tante. Perché ad esempio una persona di Carsoli che necessita della chirurgia toracica dovrebbe affrontare un viaggio di oltre 100 chilometri fino a Teramo? Analoga distanza, peraltro, dovrebbe affrontare se sopravvenisse un problema durante una procedura di emodinamica ad Avezzano. A questo punto non sembri una provocazione la nostra richiesta di avere una cardiochirurgia e una chirurgia toracica per le aree interne. Anche perché l’area interna L’Aquila-Avezzano ha gli stessi accessi al Pronto Soccorso ed esegue più ricoveri dell’ospedale abruzzese più grande, cioè quello di Pescara.
Loreto Lombardi Segretario aziendale L’Aquila Anaao Assomed Abruzzo