La Regione non ha sbattuto la porta in faccia alla società per azioni, con la quale peraltro ha in corso un serrato contenzioso dopo la mancata proroga della concessione e lo stop all’attivita” di captazione da oltre due anni. Infatti, la richiesta non è stata accolta dal dirigente del servizio Risorse del territorio e attività estrattive, Iris Flacco, che, però, ha trasmesso l’istanza alla Giunta regionale “per le valutazioni del caso”. In sostanza, deve decidere l’organo politico.
A fare il punto della situazione è la stessa società dell’imprenditore Camillo Colella, ex concessionaria delle sorgenti, ma proprietario dello stabilimento di Canistro e del marchio Santa Croce. “Nonostante il rapporto conflittuale che abbiamo con la Regione, credo sia un’azione di buon senso e responsabilità istituzionale evitare chissà per quanto altro tempo che un bene pubblico prezioso venga gettato nel fiume procurando un danno ai cittadini abruzzesi”, spiega il patron Colella.
Nella richiesta, inviata in data 11 ottobre, l’amministratore delegato della società, Nicolino Montanaro, evidenza innanzitutto che “l’importante risorsa idrica, da decenni ritenuta industrialmente rilevante, è ora dispersa e non sfruttata: una situazione affatto edificante, sopratutto perché riferita a un bene esauribile e destinato al consumo umano”.
Questo accade da quando la società Santa Croce è stata esclusa nell’aprile 2015 dalla concessione di sfruttamento della sorgente Sant’Antonio Sponga, a causa dell’annullamento da parte del Tribunale amministrativo regionale dell’aggiudicazione, dopo il ricorso del Comune di Canistro, con il conseguente e inevitabile stop dell’attività di imbottigliamento nel novembre 2015, e il licenziamento dei 75 addetti.
Si è ora in attesa che la Norda spa, aggiudicataria provvisoria del nuovo bando, datato 15 dicembre 2016, ottenga la concessione definitiva e avvii il progetto industriale. Un percorso, non manca di ricordare Montanaro, pieno incognite, per tempistiche e praticabilità.
Nonostante il chiaro obbligo di avviare una procedura di Valutazione d’impatto ambientale (Via) sul progetto depositato presso la Regione, infatti, la Norda ha deliberatamente avviato una Verifica di assoggettabilità (Va), procedura diversa e non conforme, e ha fatto ricorso al Tribunale amministrativo regionale, contro la Regione Abruzzo, che invece continua a chiedere come requisito la Via.
Si rammenta a tal proposito che la Santa Croce, dopo aver impugnato davanti al Tar l’esito delle offerte tecniche ed economiche del bando vinto dalla Norda, ha fatto ricorso allo stesso Tribunale amministrativo regionale chiedendo anche la revoca dello concessione provvisoria alla Norda, perché non ha presentato, entro i termini di legge, la Valutazione di impatto ambientale. Il ricorso si discuterà nella prima settimana di novembre.
A oggi, osserva dunque l’ad Montanaro nella richiesta, “dati alla mano, non si è nelle condizioni di stabilire quando il bene minerario potrà tornare ad essere sfruttato”, e “gli scenari che si prevedono depongono per una situazione di sicura incertezza e invece, aggiungerei purtroppo, di certezza della persistente dispersione della risorsa idrica”.
La società Santa Croce potrebbe invece da subito e in modo temporaneo riavviare l’imbottigliamento nel suo stabilimento di Canistro, riassumendo personale, e tornando a versare il canone di utilizzo nelle casse regionali.
Nella lettera di risposta del 17 ottobre il dirigente Iris Flacco scrive, però, che l’istanza allo stato attuale non può essere accolta, “in quanto la concessione di cui era titolare la Santa Croce è scaduta” e che “la legge regionale del 15 del 2002, consente – alle funzioni amministrative della scrivente – di attivare gli affidamenti in concessione mediante procedura pubblica”.
Eppure circa la fattibilità procedurale di questa opzione, la Santa Croce nella lettera ha ben spiegato che non è necessaria una procedura di evidenza pubblica, e si può concedere anche un’autorizzazione di imbottigliamento temporaneo.
Montanaro fa riferimento infatti alla sentenza del Consiglio di Stato numero 7.986 del 8 novembre 2010, che ha ribadito che “lo sfruttamento delle acque minerali e termali adempie ad un rilevante interesse pubblico”, e al decreto di recepimento della direttiva europea Bolkestein, da cui si evince che non si applicherebbe l’obbligo della gara, alla concessione di un bene e non di un servizio, che avrebbe come presupposto “la tutela e valorizzazione del bene per fini economici”.
La possibilità di derogare all’espletamento di una procedura di evidenza pubblica è poi ribadita dall’Autorità nazionale anticorruzione, in una deliberazione 1 del 29 gennaio 2016, ”nell’ipotesi del tutto eccezionale di un prolungamento di un iter di gara oltre la scadenza del contatto in essere fino all’individuazione del nuovo contraente”.
La dirigente Flacco nella sua risposta comunica comunque di aver inviato la richiesta della Società Santa Croce alla Giunta regionale. A cui, evidentemente, spetta l’ultima parola.