L’Aquila. Chiuso in via definitiva senza responsabili uno dei più importanti processi della maxi inchiesta della procura della Repubblica del capoluogo abruzzese sui crolli seguiti al terremoto di L’Aquila del 2009.
Si tratta del crollo di via D’Annunzio, dove morirono 13 persone. La Corte d’Appello di Perugia, dove il procedimento era approdato per essere celebrato di nuovo come deciso della Corte di Cassazione, ha assolto per non avere commesso il fatto l’ unico imputato, l’ingegnere Fabrizio Cimino, accusato di omicidio colposo plurimo per una condotta omissiva in relazione ai restauri del palazzo svolti nel 2002 e, in particolare, per non aver notato palesi criticità dello stabile, edificato nel 1961, nel corso dei lavori da lui diretti.
“La vicenda si chiude senza neanche arrivare all’estinzione del reato per prescrizione – sottolinea l’avvocato Stefano Rossi, legale di Cimino – La Corte ha aderito a quello che vado dicendo da 3 anni, cioè che il mio assistito non aveva alcuna responsabilità nel crollo”.
A Cimino, dopo una prima condanna in Tribunale a 3 anni di reclusione, la Corte d’Appello aquilana aveva ridotto la pena a 1 anno e 10 mesi. La quarta sezione penale della Suprema Corte ha annullato con rinvio la sentenza d’Appello, disponendo appunto a Perugia un nuovo esame dei fatti.