L’Aquila. ‘Quest’anno la celebrazione della Perdonanza assume un valore speciale: precede, infatti, di pochi mesi l’apertura del Giubileo della Misericordia. Entrambi gli eventi ecclesiali sono centrati sull’esperienza evangelica del Perdono: ricevuto, vissuto e dato. Siamo invitati da Celestino V e da Papa Francesco, profondamente uniti nella Comunione dei Santi, a riscoprire con moltiplicata intensità e profonda commozione, il Volto benevolo del Padre, che nella Pasqua di Gesù e nel dono lo Spirito, vince il nostro peccato e ci rende creature nuove: infatti, «tutto in Lui parla di misericordia. Nulla in Lui è privo di compassione». (MV, n. 8)’.
Lo dichiara l’Arcivescovo Metropolita dell’Aquila, Giuseppe Petrocchi, in occasione dell’imminente Perdonanza Celestiniana.
‘La grazia del Giubileo non va scambiata per semplice amnistia etica o condono morale: essa, infatti, esige – insieme alla indulgenza accolta – l’impegno fattivo per la conversione. Non basta, infatti, attingere la grazia che cancella le lacerazioni causate dal peccato, occorre anche avviare, nella nostra esistenza, i cambiamenti che Dio vuole.
Per spiegarmi meglio, vorrei servirmi di un esempio. Nel nostro organismo – come è noto – si infiltrano agenti morbosi, come virus e batteri, che possono provocare infezioni, spesso contagiose. Per questo il nostro corpo si è dotato di apparati protettivi, capaci di individuare e neutralizzare i microrganismi nocivi. Proprio perché disponiamo di efficienti difese immunitarie, in grado di eliminare questi fattori patogeni, possiamo godere di una buona salute, che ci consente di compiere azioni energiche e gesti costruttivi. Se i nostri anticorpi fallissero in questa opera di contrasto “biologico”, i germi, lasciati liberi di agire, provocherebbero malattie dannose, per noi e per gli altri.
Anche il nostro organismo spirituale è esposto ad attacchi di “tossine” culturali e stili comportamentali sbagliati, che tendono ad inquinarlo e a farlo deperire. L’esercizio quotidiano – e a volte eroico – della misericordia costituisce un potente filtro spirituale e un forte antitodo sociale, che disinnesca le reazioni malate della nostra psiche; inoltre esplica un effetto “ricostituente” sulla vita dell’anima e della comunità. Insomma, saper perdonare ci fa stare meglio dentro e ci aiuta a comportarci in modo saggio nei confronti degli altri’, afferma ancora Petrocchi.
‘Sviluppando questa linea di pensiero, vanno evidenziate alcune dinamiche dell’anti-perdono, che frequentemente attraversano il nostro mondo interiore. Tra queste, risultano molto pericolose – per la nostra “igiene mentale e morale” – le irruzioni di emozioni negative, come il rancore e la rabbia, che, simili a torrenti in piena, possono provocare dentro di noi “alluvioni” psicologiche e relazionali. Infatti, tali flussi affettivi – caratterizzati da violenza e da un alto tasso di corrosività – tendono ad annebbiare la nostra capacità di giudizio (rendendola opaca, tendenziosa e distorsiva) e ci spingono ad assumere atteggiamenti errati, da cui derivano azioni distruttive: come, per esempio, le valutazioni sommarie e stroncanti, l’aggressività graffiante, la voglia di vendetta e di rappresaglia, l’inimicizia implacabile, la polemica screditante.
Anche nella nostra anima, perciò, si determinano scene simili a quelle (molto tristi e ricorrenti nei mass media) di frane e straripamenti, dovuti a precipitazioni molto intense, che lasciano – negli ambienti colpiti – fango, detriti e macerie. Va pure sottolineato che si rivelano altrettanto devastanti i sentimenti di segno opposto, come l’autocommiserazione indolente, la passività avvilita, la critica pretestuosa e pretenziosa, l’atteggiamento di resa o di sterile denuncia. Solo l’Amore-che-perdona costruisce argini robusti e attiva forze in grado di sventare questi eventi drammatici: dentro e fuori di noi’, insiste l’Arcivescovo.
‘Ecco perché perdonare è vantaggioso, anzitutto per chi perdona. Infatti, il peccato provoca divisioni e malessere (nel rapporto con Dio, con se stessi e con gli altri): solo il bene, che risponde al progetto di Dio, ci fa crescere – personalmente e insieme – come corpo ben compaginato e connesso, che edifica se stesso nella carità (cfr. Ef 4,15-16).
Vanno meditate le parole appassionate che Papa Francesco scrive nella Misericordiae Vultus: «Come sembra difficile tante volte perdonare! Eppure, il perdono è lo strumento posto nelle nostre fragili mani per raggiungere la serenità del cuore. Lasciar cadere il rancore, la rabbia, la violenza e la vendetta sono condizioni necessarie per vivere felici. Accogliamo quindi l’esortazione dell’apostolo: “ Non tramonti il sole sopra la vostra ira ”(Ef 4,26)» (n. 9)
In questa “edizione” della Perdonanza, ci è dato un “motivo aggiunto” di gioia: infatti avremo tra noi la presenza del card. Beniamino Stella, Prefetto della Congregazione per il Clero. E’ il nipote del compianto Mons. Costantino Stella, che per 23 anni è stato Arcivescovo della Chiesa Aquilana: per questo, conosce bene la nostra Città e la Sua gente. Alcuni Presbiteri anziani Lo ricordano, giovane sacerdote, venire da Roma con la motocicletta, per rendere visita allo Zio. Ho avuto modo di incontrare a Roma il Cardinale Stella, e sono rimasto conquistato dalla Sua affabilità coinvolgente e dalla paterna cordialità. Si comprende subito che non si tratta solo di “cortesia” istituzionale, ma di carità convinta e delicata, attenta ad ogni persona con cui entra in relazione. Ho notato, con gradita sorpresa, che mantiene una memoria nitida del suo “periodo aquilano” e custodisce un vincolo profondo, di mente e di cuore, con la nostra Diocesi. Proprio per questo, ho avvertito vibrare la Sua anima quando evocava luoghi e ricordi – legati alla nostra Città – che hanno lasciato un segno indelebile nella Sua storia.
Maria, Madre della Misericordia, ci accompagni in questo “santo viaggio” che, passando attraverso la Perdonanza, ci consentirà di entrare, più speditamente e con animo lieto, nella Porta del Giubileo. Sia Lei la nostra Maestra e il sicuro Modello per apprendere l’arte del perdono: solo così, avanzando in questa fondamentale virtù cristiana, avremo sempre la letizia e la pace, che Gesù ha promesso a coloro che ascoltano la Sua Parola e la mettono in pratica (cfr. Lc 11,28)’, conclude Petrocchi.