L’Aquila. ‘Il parere favorevole al progetto di costruzione della nuova seggiovia “Campo Imperatore-Osservatorio” nel cuore della zona B (Riserva generale) del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, appena fornito dal Consiglio direttivo del Parco, è in aperto contrasto con l’esito dell’istruttoria del suo stesso Servizio scientifico, nonché con le norme della Direttiva n. 92/43/CEE Habitat e il relativo D.P.R. di recepimento e attuazione n. 357 del 08/09/1997’.
Lo denunciano le associazioni Italia Nostra, LIPU, Mountain Wilderness, Pro Natura, Salviamo l’Orso, TCI Club di Territorio di Pescara e WWF che ricordano come l’area di Campo Imperatore sia infatti “interamente compresa in due Siti tutelati dalla Rete “Natura 2000”, la Zona di Protezione Speciale IT7110128 e il Sito di Interesse Comunitario IT 7110202′.
La realizzazione di progetti che abbiano un’incidenza significativa su habitat e specie prioritari di interesse comunitario può essere approvata soltanto per “motivi imperativi di rilevante interesse pubblico” e solo con il parere obbligatorio e vincolante della Commissione europea (in base all’art. 6 della Direttiva Habitat e all’art. 5, comma 9, del DPR n. 357/1007).
Il progetto è anche in contrasto con la Legge quadro sulle aree protette n. 394/1991, con il D.P.R. 5 giugno 1995 con il quale è stato istituito il Parco e con lo stesso Piano del Parco, approvato con delibera dal Consiglio direttivo dell’Ente in data 21/12/1999 (adottata dalle Regioni Abruzzo, Lazio e Marche).
L’argomentazione addotta nella Deliberazione n. 31/15 del 29/05/2015 del Consiglio direttivo del Parco, secondo la quale la nuova seggiovia Campo Imperatore-Osservatorio costituirebbe un intervento di “mera sostituzione” di quella delle Fontari attualmente presente, è palesemente non corrispondente alla realtà dei fatti: il nuovo tracciato della seggiovia, infatti, sarebbe lungo quasi il doppio di quello esistente (da 800 a circa 1600 metri), spostandosi oltretutto di circa 150 metri verso Nord.
Le Associazioni chiedono dunque al Comitato Regionale VIA di respingere il progetto, in quanto totalmente incompatibile con il territorio del Parco Nazionale e in palese contrasto con le normative europee e nazionali. I membri del CCR VIA devono sapere che, in caso di eventuale approvazione del progetto, si esporrebbero a possibili azioni legali e a sicuri ricorsi amministrativi. e che la Commissione Europea aprirebbe certamente una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia (con grave danno per tutti i cittadini, non solo abruzzesi).
Come riportato nelle “osservazioni” agli Studi di impatto e incidenza ambientale inviati dalle Associazioni al Comitato Regionale VIA lo scorso anno e ora anche nell’istruttoria del Servizio scientifico del Parco stesso, l’eventuale realizzazione della nuova seggiovia distruggerebbe in modo irreparabile habitat prioritari di alta quota di interesse comunitario ricchissimi di biodiversità (in particolare quello denominato “6230* – Formazioni erbose di Nardo”, come da ammissione degli stessi proponenti nelle recenti integrazioni allo Studio di incidenza ambientale) contravvenendo alla Direttiva Habitat e alle relative leggi nazionali di recepimento.
La stazione di partenza dell’Osservatorio e la parte iniziale della nuova Seggiovia sarebbero poi completamente sovrapposti alla Stazione di Ricerca a Lungo Termine del Gran Sasso (gestita dal Corpo forestale dello Stato), confermando le preoccupazioni espresse proprio dalla Rete Nazionale LTER-Italia, che ha evidenziato “l’inevitabile impatto di tale opera sulle attività di ricerca a lungo termine svolte”, ricordando che “le preziose e lunghe serie di dati accumulati in tale sito LTER (trent’anni di dati sulla vegetazione e dieci sugli uccelli) sarebbero irrimediabilmente compromesse da un’alterazione dell’ambiente circostante”.
Le Associazioni ribadiscono che occorre cambiare subito politica per la montagna abruzzese. È necessario abbandonare gli investimenti pesanti basati su un turismo invernale già in forte crisi e destinato ad ulteriori inevitabili ridimensionamenti a causa dei cambiamenti climatici (che sono una realtà in atto, non più soltanto una previsione). Bisogna invece scommettere sull’alternativa verde, basata su piccoli investimenti diffusi nel territorio a vantaggio di un turismo più moderno e di maggiore qualità, questo sì in crescita ovunque, basato sui valori naturali unici del “cuore verde d’Europa”.
Attraverso la conversione in chiave ecologica dei complessi turistico-sciistici, l’attuazione di estesi interventi di risanamento e rinaturalizzazione del territorio e la realizzazione di mille micro-finanziamenti si potrebbe finalmente sviluppare un turismo indipendente dalla presenza di neve sulle piste, in grado di rivitalizzare l’economia dell’area in modo durevole, fornendo lavoro a decine di migliaia di persone per decenni e migliorando e non peggiorando la qualità del nostro preziosissimo patrimonio naturale.
Occorre evitare la distruzione definitiva di ambienti preziosi e insostituibili nella vana speranza di scimmiottare le grandi località sciistiche delle Alpi e puntare invece sulla valorizzazione di quegli stessi ambienti perché il Gran Sasso diventi finalmente un punto di riferimento internazionale nell’ottica di una nuova visione della montagna, del turismo e dell’orgoglio di essere abruzzesi.