L’Aquila. Per tutto il 2009, il problema della rimozione delle macerie prodotte dal terremoto del 6 aprile è stato considerato un problema secondario: prima le case, poi la messa in sicurezza di strade e alcune porzioni di città e poi, se avanza tempo (e soprattutto fondi) la ricostruzione del centro storico. Ma le macerie dove si mettono? Il nodo è arrivato al pettine dell’opinione pubblica “non aquilana” con la manifestazione di domenica 28 febbraio, quando 6000 persone, armate di carriole, caschetti gialli e pale si sono adoperate per mostrare lo stato in cui è ridotta una delle piazze più care agli Aquilani. Per chi da piccolo ci giocava a pallone, per chi ci ha fatto la scuola, per chi, su quelle panchine, incontrava i compagni di università: Piazza Palazzo.
Migliaia di persone, con il passamano, ha selezionato le macerie – distinguendo fra inerti, pietre antiche con le quali si potrebbe ricostruire, elementi architettonici, plastica – e le ha portate davanti al Palazzo della Regione, per cercare di smuovere i piani alti su un problema che, finora, non ha voluto vedere una soluzione.
Lo dimostrano i dati presentati dal dossier di Legambiente Abruzzo proprio domenica: perfino sul quantitativo di macerie non esistono dati ufficiali. Una prima stima di Protezione Civile e Vigili del Fuoco parla di una forbice che solo per il Comune de L’Aquila va da 1,5 a 3 milioni di metri cubi. Questo vorrebbe dire che nel capoluogo il terremoto ha determinato una quantità complessive di macerie (da crollo e da demolizione controllata) che si aggira attorno ai 4,5 milioni di tonnellate. Non considerando le macerie provenienti dai lavori di ristrutturazione.
Un milione di metri cubi di calcinacci presenti nelle strade e nelle vie d’accesso agli edifici impedisce agli aquilani di riprendersi spazi di vita passata e futura: proprio come il grande cumulo di Piazza Palazzo, sopra il quale il 14 febbraio gli aquilani salirono, al grido di “Io non ridevo”, per la prima invasione domenicale della zona Rossa.
Eppure, leggendo il dossier di Legambiente, si scopre che sarebbero tante le scuse portate avanti ora da un amministratore, ora da un commissario.
Non è vero che non si conosce la classificazione del rifiuto “maceria” e che non si sa come trattarlo, perché già il celebre Decreto Abruzzo (39 del 28 aprile 2009) prevedeva una classificazione.
Non è vero che i sindaci non potevano cominciare a smaltire le macerie: con un’ordinanza contingibile e urgente, fin dai primi giorni del dopo sisma (anche se, ovviamente, erano altri i problemi dei giorni dopo il 6 aprile), avrebbero potuto individuare un sito di stoccaggio temporaneo. E comunque, l’ordinanza 3767 del maggio 09 attribuisce ai comuni il compito di aut-organizzarsi nella scelta del sito.
Non è vero, infine, che non fosse un compito da assolvere per il Commissario per l’emergenza: si legge, nell’ordinanza 3797 del luglio 2009, che “il commissario delegato può provvedere in sostituzione dei comuni alla individuazione dei siti, alla selezione dei materiali” etc.
Insomma, tutta una serie di scuse che ora, per gli Aquilani, sono diventate più pesanti dell’intero cumulo di macerie nelle loro piazze.
Mercoledì, davanti al Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, il commissario Chiodi, nonché Presidente della Regione, dovrà trovare una soluzione allo smaltimento delle macerie.
Con quali proposte?
L’appalto “globale” sembra essere la strada che Chiodi intende percorrere: con un’unica stazione appaltante, che potrebbe far capo alla struttura di missione, si divide il territorio in macro aree e si gestisce centralmente la procedura di gara e affidamento a ditte private. Una sorta di gara internazionale, quindi, per appaltare l’intero ciclo delle macerie del cratere a un unico soggetto, tra i big europei del settore, che raccolga le macerie e le porti per lavorarle altrove, anche all’estero.
Si profila però l’intervento militare. Il prefetto dell’Aquila aveva auspicato, in novembre, che delle macerie si occupassero i sempre presenti Vigili del Fuoco. Oggi è il Ministro della Difesa La Russa ad affermare che l’esercito potrebbe arrivare a L’Aquila per avviare la rimozione delle macerie.
E, al contempo, il settore Ambiente della Provincia dell’Aquila ha elaborato l’idea di un soggetto unico responsabile nella gestione delle macerie. “Noi proponiamo – ha spiegato il dirigente provinciale del settore Ambiente Franco Bonanni – un soggetto che funga da interlocutore ai 57 comuni del Cratere”. E quell’interlocutore potrebbe essere la Provincia de L’Aquila. Rapida la risposta dell’assessore all’Ambiente della Regione Abruzzo, Daniela Stati. ”Va chiarito che già in sede di ‘Tavolo Ambiente’ e anche nell’ultimo incontro presso la Presidenza della Giunta regionale con il Commissario Gianni Chiodi si è affrontato il tema della individuazione di un soggetto unico responsabile dei procedimenti amministrativi
(gare pubbliche) per gli interventi finalizzati alla rimozione delle macerie ed alla realizzazione degli impianti di trattamento. Certamente ogni proposta è valida e come tale va rispettata – conclude la Stati – ma è necessario evitare una corsa al ‘protagonismo a tutti i costi’”.
Insomma un tavolo, quello di domani, al quale si arriva con poche idee. E ben confuse.
Eleonora Falci