Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta di una famiglia della periferia de L’Aquila, che a distanza di mesi dal terremoto, vive una sorta di calvario, probabilmente comune a quello di altri nuclei familiari. Nella lunga lettera vengono raccontati i disagi e le difficoltà quotidiane, e l’incertezza per il futuro.
“Siamo una famiglia di 4 persone ( 2 adulti e 2 bambini di 6 e 9 anni) che fino al sisma vivevamo a Monticchio, un lavoro autonomo, una scuola di italiano per stranieri, in particolare ci occupavamo di pubblicizzare L’Aquila e la sua Università in tutta la Grecia, e nei 15 anni di attività abbiamo portato e lasciato a L’Aquila più di 600 greci.
Il giorno del terremoto, non solo abbiamo dovuto lasciare la nostra casa, dichiarata E , ma anche il lavoro che io e mio marito abbiamo creato. In poco più di 2 settimane abbiamo dovuto trasferire tutto presso un’altra città e università, salvare almeno i corsi estivi; per cui, abbiamo chiesto autonoma sistemazione e siamo andati via . In un primo momento siamo stati in provincia di Foggia, poiché io sono originaria di quelle zone, spesso venivamo a L’Aquila quasi 3 volte a settimana, sono circa 600 Km tra andata e ritorno, i bambini li ho iscritti a scuola , e i problemi non sono stati pochi.
A fine maggio, al fine di salvare i corsi estivi, ci siamo trasferiti in Grecia, e anche qui ci siamo dovuti affittare una casa, trovare una sistemazione per i figli, e girare tutta la Grecia per rassicurare i genitori degli studenti che dovevano venire in Italia, che il nostro lavoro, aveva subito soltanto un trasferimento in altra città e che per il resto non sarebbe cambiato nulla.
Ai primi di luglio ci siamo trasferiti in provincia di Macerata, esattamente a Camerino, dove sia la Regione Marche che l’Università ci hanno dato una grande contributo al fine si salvare il nostro lavoro, almeno per i corsi estivi; abbiamo riaffittato ancora una volta un’altra abitazione, abbiamo riscritto i bambini in un’altra scuola estiva ecc….
A questo punto arrivati ad agosto, in pieno corso estivo, l’ultima nostra preoccupazione era pensare a cosa avremmo fatto nei mesi successivi, inoltre, trovandoci lontano da L’Aquila, anche se spesso ci recavamo per vari motivi,non sapevamo come fosse la situazione reale; la nostra casa aveva appena fatto il secondo sopralluogo e gli ingegneri della Protezione Civile ci dissero, il 5 Agosto, di fare il censimento.
Eravamo talmente impegnati e confusi che nonostante siano passati 6 mesi da agosto,decidere cosa ne sarebbe stato di noi e della nostra vita in poco più di qualche ora, perché di più non ne avevamo , era davvero difficile.
Come facevamo a chiedere di abitare in un “ dormitorio”,sbattuti chissà in quale parte di L’Aquila, per ricominciare tutto daccapo, dopo che avevamo già emigrato una volta. Io e mio marito avevamo 18 anni quando siamo venuti in questa città per studiare, dove ci siamo innamorati e dove abbiamo creato un lavoro, dove abbiamo deciso di mettere su famiglia; dopo aver deciso di stabilirci in una frazione e averci abitato per 9 anni in una casa singola, in centro storico, dove lasci la chiave attaccata alla toppa , dove i tuoi figli possono giocare per strada senza preoccuparti , dove ti fai una passeggiata e conosci tutti, come fai a decidere di stravolgere la tua vita di nuovo e vivere in un dormitorio ?
Così, in prima istanza, abbiamo pensato che il dormitorio non era per noi e che dopo aver affittato tre case in poco più di 5 mesi, pensare di affittare un’altra casa, magari nella zone a cui noi e i nostri figli eravamo affezionati non sarebbe stato una chimera.
Il 9 agosto,siamo andati a L’Aquila, per compilare il modulo del censimento; le indicazioni forniteci furono sbagliate: avevamo scelto autonoma sistemazione e come seconda ipotesi,piano CASE.
Ci dissero che era un censimento e che quando eravamo più sicuri della nostra situazione, avremmo potuto cambiare la nostra scelta.
Illusi e ingenui: siamo stati così ingenui che mai avremmo pensato che le nostre 500 €/600€ , che pensavamo di pagare per l’affitto, per gli avvoltoi aquilani che alla fine di agosto avevano invaso L’Aquila, erano degli spiccioli.
Subito dopo il 15 agosto abbiamo provato a cercare casa, ma immediatamente ci siamo resi conto dello sbaglio: gli affitti erano duplicati e in alcuni casi triplicati. I controlli? Zero.
A questo, si sono aggiunti dei problemi di salute ( per fortuna, dopo circa un mese e mezzo risolti) che fare?
A fine Agosto, sono andata negli uffici del Comune è ho scoperto che il censimento non era un semplice reperimento dati, ma era la richiesta definitiva di alloggio e che quindi avendo scelto come prima ipotesi autonoma sistemazione non avrei più potuto cambiare, anzi, se avessi spedito una raccomandata per fare il cambio, forse l’avrebbero presa in considerazione e comunque dovevo augurarmi che “nel caso remoto avanzasse qualcosa, avrei potuto sperare di avere un posto nel “dormitorio”.
In quel momento mi resi conto che eravamo stati imbrogliati!
Non mi persi d’animo, mi ripresi e feci la raccomandata che è stata spedita il 4 settembre 2009.
Il 20 settembre, tornati da Camerino, tramite il Coi di Giulianova , siamo entrati in albergo sulla costa. Intanto alla DICOMAC, dove mi ero rivolta per cercare di spiegare la mia situazione, in vista anche della riapertura delle scuole, mi dissero che era temporaneo il mio soggiorno sulla costa, e che entro qualche settimana mi avrebbero riavvicinato.
Intanto , i rappresentanti della circoscrizione, mi comunicarono che su disposizione del Comune di L’Aquila, sarebbe stata istituita una lista di famiglie, residenti nelle frazioni, che avevano casa E/F e che avrebbero costruito i MAP.
Il 23 settembre sono uscite le liste per gli alloggi provvisori, noi non eravamo in nessuna lista.
Spedisco un’altra raccomandata per spiegare la nostra situazione e per capire il perché ci avevano esclusi, dato che avevamo fatto richiesta di rinuncia all’autonoma sistemazione il 4 settembre e visto che avevamo tutti i requisiti richiesti dalle ordinanze.
Le settimane sono passate, le scuole si sono aperte e io ho provato per una settimana a viaggiare con due bambini, che dormivano non solo lungo le tratte ma anche a scuola; Il Coi di Giulianova mi disse che se non volevo viaggiare, potevo far viaggiare solo i miei figli, tanto sugli autobus , che avevano predisposto, c’era il personale addetto, e che dovevo aver pazienza , c’era un’emergenza e tutti dovevamo fare la nostra parte, in fondo si trattava di pochi mesi, entro Natale saremmo rientrati tutti a L’Aquila.
L’imbroglio, non era finito, continuava; come avrei potuto far viaggiare due bambini di 6 e 9 anni con gli autobus?
La Protezione Civile aveva organizzato tutto, li accompagnavano alla Guardia di Finanza, poi dovevano prendere un altro pulmino per accompagnarli a Pianola. E per mangiare? Panini ! forniti rigorosamente dagli alberghi. Uscivano alle 6 di mattina e rientravano alle 15 del pomeriggio. Nelle grandi città come fanno ?
Ma noi non viviamo in una grande città, abbiamo scelto di vivere a l’Aquila.
Avevano alzato un muro,di silenzi e omertà e costrizioni, non si poteva chiede chiarimenti ( non c’erano risposte se non evasive) , nessuno ha cercato di trovare una soluzione, era così e basta, tutti eravamo considerati allo stesso modo. Qualcuno ha scritto, in quei giorni, che si parlava di “deportazione” in massa sulla costa, forse usare questo termine era un po’ pesante, ma riassumeva benissimo la situazione che stavamo vivendo.
Sono stata costretta, per il bene dei miei figli, a scriverli a scuola ad Alba Adriatica, a metà ottobre.
Pensavo così di mitigare i problemi, invece sono aumentati. Mio figlio di 6 anni, che si apprestava a frequentare la prima della classe primaria, ancora una volta è stato costretto a cambiare scuola , a ritrovarsi in un ambiente a lui sconosciuto, compagni nuovi, maestre nuove, e poco comprensibili, che di un bambino solare e estroverso ne hanno fatto un bambino introverso , scontroso, che rifiutava ogni genere di comunicazione. L’altra mia figlia , 9 anni, ha accettato, anche se malvolentieri il nuovo cambiamento dietro ad un compromesso che la situazione sarebbe stata momentanea fino a Natale.
Come potevo sentirmi io come mamma? Delusa, arrabbiata, impotente, dove era lo Stato , dove erano i nostri diritti? Costretta a far accettare ai miei figli una situazione voluta dalle istituzioni e dagli interessi di pochi.
Nei tre mesi e 25 giorni che sono stata sulla costa, nessuno mi ha dato una mano, ho chiesto e richiesto aiuto alle istituzioni, Coi, Dicomac, Comune, nessuno si è fatto vedere neanche per solidarietà.
In questi mesi , l’unica ancora di salvezza e speranza erano le parole dei rappresentanti di circoscrizione, che mi rassicuravano che nelle liste per i MAP, che avrebbero costruito a Monticchio, noi c’eravamo, e che dovevamo solo stringere i denti .
Nella prima settimana di Novembre, finalmente i MAP sono iniziati, e con loro anche la nostra speranza di tornare a casa. Ma non entro Natale.
Nei primi giorni di dicembre, mi recai un’ennesima volta alla DICOMAC, dove avevano istituito il Gabinetto del Sindaco, e parlai con il Dott. Di Cocco, il quale mi disse che avevano talmente tanta gente da sistemare, come i singol e le coppie, che non sapevano dove metterli, dato che si erano resi conto che mancavano case per queste persone, e che per noi , che siamo passati da autonoma sistemazione a piano CASE sarebbe stato molto difficile se non addirittura impossibile sistemarci. Io chiesi che a Monticchio stavano costruendo i MAP e che eravamo inclusi nella lista, e lui mi anticipò di non contarci in quanto erano già stati assegnati.
Uscita di lì, con il voltastomaco, mi sentivo sconfitta; chiamai il rappresentante di circoscrizione il quale mi rassicurò, che quello che aveva affermato il dott. Di Cocco non era vero e che il Comune aveva chiesto il reperimento dati degli inclusi in quella lista.
Dovevo tornare a L’Aquila! Mi recavo ogni 3 o 4 giorni presso il Coi di Giulianova per farmi riavvicinare ; mi dicevano, in continuazione, che entro due o tre giorni mi avrebbero riavvicinata; ancora una volta venivo imbrogliata, c’era sempre qualcuno prima di noi che aveva urgenza di rientrare, gli alberghi erano pieni e trovare posto per 4 persone era impossibile. Qualche giorno prima di Natale, il quotidiano “il Centro” , pubblicò l’annuncio di 2 alberghi a 25 Km da L’Aquila , in cui il posto c’era. Perché non c’è lo hanno proposto? Io avevo detto più volte che andava bene anche a distanza di 25 km, ma nulla.
Dovevo mantenere la promessa fatta ai miei figli, tornare a L’Aquila per Natale, altrimenti come, dopo tutti i problemi che stavano affrontando per la loro piccola vita, avrei potuto guardarli negli occhi ?
A fine dicembre trovai nella mia cassetta della posta, a Monticchio, due lettere,inviate dal Comune di L’Aquila con il timbro del Sindaco, in risposta alle numerose mie richieste di chiarimenti, in cui in una mi comunicavano che non avevo diritto al piano CASE, senza aggiungere altro; nell’altra l’allusione che la mia situazione era sta presa in esame , ma che dovevamo aspettare in quanto ,le istituzioni, si stavano operando affinchè nessuno rimanesse senza senza un tetto.
Il 2 gennaio 2010, il Coi di Giulianova, dopo un’ennesima richiesta di riavvicinamento, e dietro la minaccia di contattare l’Ambasciata Greca, in quanto mio marito è cittadino greco, ci dissero che c’era posto a Lucoli. Il giorno dopo ci trasferimmo .
Dato che era un po’ complicato portare i bimbi alla loro scuola, abbiamo trovato posto a Rocca di Mezzo ( che era l’altro albergo che aveva fatto pubblicità a dicembre) e ci siamo fatti trasferire il 6 gennaio.
Finalmente a CASA. Finalmente potevo mantenere la mia promessa. È stata una festa quando il giorno dopo i miei bambini sono potuti tornare , dopo mesi, nel loro ambiente, con i loro compagni, con le loro maestre, gentilissime e comprensibili. La loro scuola è un MUSP ma è il loro ambiente.
Il puzzle alla fine si stava componendo, tutto sembrava andare nel verso giusto, i brutti mesi passati ormai erano solo un ricordo lontano.
Ma il Comune , ci ha fatto ritornare con i piedi per terra: arriva una comunicazione, firmata dal nuovo assessore Masciocco, in cui si evince che i MAP delle frazioni sono stati destinati solo a coloro i quali alla data del 10 agosto hanno scelto il piano CASE. E noi? ????????
Sorpresa: i MAP a Monticchio avanzano( questo in tutte le frazioni). Certo, il numero dei MAP è stato definito in base alle liste fornite dai rappresentanti di circoscrizione , quindi anche noi.
Il 25 gennaio, si riuniva il Consiglio Comunale per votare se concedere anche a noi la possibilità di tornare a casa nostra. Ero presente, insieme ai rappresentanti delle circoscrizioni e ad altre persone nella mia situazione, prima che il Consiglio cominciasse, abbiamo fermato il Sindaco Cialente per chiedere come mai si stava verificando questa situazione, ci ha risposto che non poteva far altro che confermare quello che avevano deciso in Consiglio che i Map sono destinati solo per coloro i quali alla data del 10 agosto hanno chiesto il Piano CASE, e che tutto è passato nelle mani della Protezione Civile; io chiesi che avevo due bambini e poi c’erano due lettere inviatemi dal Comune, lui mi rispose che non poteva fare nulla e che di quelle lettere non ne sapeva nulla , anzi, ha aggiunto, che la Protezione Civile aveva preso la carta intestata del Comune, ci aveva scritto qualcosa , aveva apposto il suo timbro e le aveva spedite, ma che lui non ne sapeva nulla.
Ancora una volta , mi sono recata presso la DICOMAC per sapere qualcosa; ho trovato un muro, nessuno sapeva nulla. Ho scritto al Prefetto e sono in attesa di una risposta.
A questo punto cosa devo fare? Sono in albergo, con casa E, due bambini in età scolare, con un lavoro autonomo che a causa del sisma è diventato stagionale, tutti i giorni percorro circa 50 Km per portare i miei figli nella loro scuola, e ogni giorno trascorro l’attesa, nella mia casa E.
Fra qualche giorno consegneranno i primi MAP.
Siamo o non siamo in quella lista? Stiamo aspettando ancora che ci chiamino per il colloquio per la verifica dei dati. Ci chiameranno? Ci sistemeranno oppure ci terranno in albergo? È più conveniente darci un MAP oppure pagarci l’albergo? Abbiamo una casa E, ancora non escono gli aggregati, quanto tempo dovremo stare in albergo prima di tornare a casa nostra?
È possibile a distanza di 10 mesi dal sisma vivere così, nell’incertezza? Che vita è? Dobbiamo aspettare la fine delle assegnazioni, ma quando sarà la fine?
Dove sono i nostri diritti, e quelli dei miei figli? Chi ci tutela?
Sono disperata, ma non rassegnata”.
Rosanna Pellegrino