Suicidio sindaco Roccaraso, il Gup critica l’inchiesta

camillo_valentini1Roccaraso. I presidenti del Codacons, Carlo Rienzi e Giuseppe Ursini, vengono prosciolti dalle accuse di diffamazione e calunnia, ma la sentenza del Gup del tribunale di Campobasso apre uno squarcio sulla vicenda che portò all’arresto del sindaco di Roccaraso, Camillo Valentini (nella foto), poi morto suicida nel carcere di Sulmona.

I contenuti della sentenza, resi noti dai presidenti del Codacons, infatti, sembrano gettare un’ombra sull’intera vicenda e lasciano trasparire palesi perplessità sul modo con il quale, all’epoca, furono condotte le indagini. L’elemento focale della sentenza del Gup del tribunale di Campobasso, Libera Maria Rosaria Rinaldi, verte sul proscioglimento dei due presidenti del Codacons (Rienzi e Ursini), dalla accuse di diffamazione e calunnia nei confronti di alcuni giudici (Giovanni Melogli, Maria Teresa Leacche, Aura Scarsella e Luigi D’Orazio, Michele Ramundo, Elena Celidonio) e dell’ispettore della Sco dell’Aquila Massimiliano Mancini. Per il tribunale di Campobasso, dunque, le affermazioni di Rienzi e Ursini non possono essere catalogate come diffamazione e calunnia nei confronti degli inquirenti. Quello che, però, fa discutere sono soprattutto le motivazioni, che sono strettamente legate all’inchiesta che portò in carcere l’ex sindaco di Roccaraso. “La genesi della vicenda e’ viziata”, si legge nella sentenza del Gup di Campobasso. “Desta stupore l’originaria ipotesi accusatoria formulata nei confronti di un ingegnere, sindaco di un tranquillo paesino dall’Abruzzo proveniente da ambienti estranei ad organizzazioni criminali, iscritto nel registro degli indagati per associazione di stampo mafioso od addirittura di narcotraffico sottoposto ad intercettazioni ambientali e telefoniche per anni sulla base di una ipotesi investigativa inconsistente, iniziata sulla base della solita fonte degna di fede e di provata attendibilità, associazione contestata in concorso con l’anziano padre Ettore, con l’avvocato Michele Lioi, amico e difensore di Camillo Valentini, e, persino, con il geologo Floriano Villa, presidente dell’associazione a tutela del patrimonio artistico, storico ed archeologo di Italia Nostra, forse confusa dai solerti investigatori dello Sco dell’Aquila con l’associazione di annientamento del territorio denominata Cosa Nostra”. Altre perplessità sulla vicenda emergono dalla durata delle intercettazioni ambientali e telefoniche che coinvolsero Camillo Valentini. Secondo il Codacons quel che risulta ancor più inquietante e’ la puntigliosa ricostruzione che il giudice Libera Maria Rosaria Rinaldi fa delle modalità dell’arresto di Valentini. Si legge infatti nella sentenza: “ Appaiono suggestive le modalità dell’arresto di Camillo Valentini la notte del 14 agosto del 2004, effettuato da Massimiliano Mancini che pur essendo in servizio allo Sco dell’Aquila, procedeva personalmente, pur essendo l’arresto avvenuto in Francavilla, località ricompresa nel circondario del Tribunale di Chieti e per ordinanza emessa dal Gip di Sulmona con ordine di esecuzione trasmesso alla Procura di Sulmona che, certamente disponeva di forze dell’ordine sul territorio. Inoltre, dopo essere stato formalmente arrestato, Valentini chiedeva di tornare nella sua abitazione e si cambiava le scarpe sostituendo i mocassini con le scarpe da ginnastica con lacci, gli stessi lacci che utilizzera’ all’alba del 16 agosto per chiudere la busta di plastica intorno al suo collo”. Il Gup Rinaldi, aggiunge il Codacons, stigmatizza anche le carenze dei magistrati sulmonesi, come il mancato interrogatorio dell’indagato e non aver valutato ai fini delle esigenze cautelare, l’autosospensione del sindaco Valentini.

 

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