L’Aquila. ‘In recenti interviste alla Rettrice sembra ormai chiaro che le iscrizioni all’Università degli Studi dell’Aquila siano stabili. Considerate le recenti politiche di Ateneo, inserimento del numero programmato nei quattro corsi più attrattivi e reintroduzione netta delle tasse universitarie nonostante il buonsenso consigliasse una gradualità nel loro ripristino, questo risultato non può che sorprendere tutti, addirittura noi. Ci sorprende proprio perché, da attenti osservatori quali siamo, la nostra lettura è decisamente diversa, e proprio perché da attenti osservatori a “profeti di sventura” il passo è breve.’. Inizia così una nota dell’Udu L’Aquila circa la situazione delle iscrizioni all’Ateneo aquilano. L’Unione degli Universitari traccia una diversa prospettiva rispetto a quelle lette sui quotidiani negli ultimi giorni e danno una differente spiegazione su come, nonostante le iscrizioni sembrino reggere, le immatricolazioni siano invece in netto calo.
‘Già a luglio la Rettrice Inverardi, nel dibattito pubblico sulle tasse universitarie, metteva le mani avanti, paventando la presenza in Ateneo di 9000 studenti “finti” (leggasi in realtà “inattivi”, concetto ben diverso) che, con la reintroduzione delle tasse universitarie, sarebbero spariti. Questo con l’intento di rendere qualunque crollo di iscrizioni “giustificabile” come una fuga degli studenti “finti”, piuttosto che un danno generato da una politica portata avanti dalla Rettrice senza la minima attenzione al tema della “dimensione dell’Ateneo”’, insistono nella nota.
‘Al presente la situazione sembra essere ben diversa da quella profetizzata. I 20mila studenti iscritti appaiono come un barlume di speranza per tutti. Ma qui, direbbe il saggio, casca l’asino. Mentre questo dato viene sbandierato, il numero degli immatricolati viene accuratamente tenuto in secondo piano, al punto che anche dai dati che l’Ateneo fornisce al suo interno, è sparito il dato delle immatricolazioni riferito all’anno passato. Da quanto affermato dalla Rettrice in una conferenza stampa della scorsa settimana, però, sembra che questo dato si assesterà attorno alle 5100 unità, contro gli oltre 7100 dell’anno accademico passato. Proviamo dunque a trarre le opportune conclusioni? A quanto pare, i 9mila reputati “finti” hanno confermato la propria iscrizione, scegliendo di continuare il proprio percorso di studi all’Univaq nonostante la reintroduzione delle tasse; a prova del fatto che il problema della loro inattività certo non era la loro motivazione agli studi, ma forse ostacoli dello stesso percorso formativo.
Il calo delle immatricolazioni (quindi di NUOVE iscrizioni), invece stabilisce un netto calo di attrattività del nostro Ateneo su cui hanno inciso sicuramente i numeri programmati, ma se consideriamo il mancato riempimento dei contingenti dello stesso capiamo che non è stato l’unico fattore in gioco, complice il brusco reinserimento delle tasse’. Gli universitari aquilani concludono evidenziando come i numeri attuali non sembrino essere quelli di un ateneo di vitale importanza per la rinascita della rinascita del capoluogo abruzzese.
‘La preoccupazione derivante dal calo delle immatricolazioni è nella sua ipotesi “strutturale”. Se cioè non dovessero tornare a salire gli immatricolati, ma dovessero confermare il numero di quest’anno per un triennio intero, ci troveremmo con un Ateneo che nel 2017 si attesterebbe sui 18.000 iscritti. Naturalmente anche un Ateneo di 18.000 iscritti può essere un bellissimo Ateneo, ma certo non sarebbe l’Ateneo che il documento OCSE ha delineato come indispensabile al futuro del territorio aquilano.
Profeti di sventura? No, leggiamo i dati con semplice accortezza. Sarebbe utile che anche l’Ateneo evitasse di aggregare e disaggregare i dati sulla base della “convenienza comunicativa” e si attestasse su una comprensibile trasparenza. Gli attori istituzionali e i cittadini ne hanno diritto, sia perchè l’Ateneo è un bene pubblico di tutti (e finanziato da tutti attraverso la fiscalità generale), sia per poter programmare le proprie attività nel territorio’.