Chieti. “Con questo articolo portiamo a vostra conoscenza la tragica morte di un nostro compagno detenuto in carcere a Chieti e del quale avevamo già parlato nel numero 44 (novembre) e nel numero 46 (gennaio) della nostra rivista. Zio N. (come lo chiamavamo qui in sezione) era diabetico, pluri-infartuato, due operazioni a cuore aperto, angioplastica e sostituzione valvola aortica, 75% di invalidità.
Incensurato, aveva sessant’anni che ha speso a lavorare onestamente. Grande tifoso del Pescara Calcio e poi del Lanciano Calcio dove ha lavorato nella cura dello stadio e di supporto alla squadra. Un giorno di luglio 2022 si è visto prelevare da casa dai Carabinieri che lo hanno accompagnato in carcere per l’esecuzione di una pena di due anni e due mesi! Dal momento che era per un reato ostativo non ha trovato nessun magistrato coraggioso abbastanza per concedergli una pena alternativa al carcere.
Già dopo i primi due mesi di carcere ha iniziato ad avere attacchi epilettici a causa dello stress. Cadeva di colpo, si irrigidiva, perdeva conoscenza e, con la bava alla bocca, aveva convulsioni. I compagni detenuti della sezione lo hanno più volte salvato, intervenendo e chiamando i medici. Ma, dopo che lo portavano in ospedale per stabilizzarlo, in giornata Zio N. veniva ributtato in sezione!
Dopo la prima crisi il suo avvocato ha fatto subito istanza di concessione degli arresti domiciliari. La fissazione della camera di consiglio si allungata per circa tre mesi a causa di cavilli burocratici e, nel mentre, lui ebbe un altro attacco. Nonostante ciò i magistrati di sorveglianza hanno rigettato la sua richiesta perché consideravano che fosse curabile in carcere. Eppure secondo gli stessi medici del carcere le sue condizioni era incompatibili con il regime detentivo. Non commentiamo la decisione che sicuramente è stata presa su basi legali solide ma esprimiamo il nostro disappunto sulla rigidità di un sistema cieco ed insensibile alle necessità dei più deboli, che non hanno i mezzi economici per “farsi sentire”.
Il giorno dopo il rigetto, lo zio N. ebbe un’altra ischemia questa volta proprio nella saletta socialità: aveva la bava alla bocca ed era in preda a spasmi che l’hanno irrigidito come un pezzo di legno! Ennesima visitina in ospedale e la sera di nuovo in sezione.
All’inizio di febbraio 2023 un’altra ischemia con lo stesso risultato ed epilogo. Ma tutti questi attacchi lo hanno indebolito troppo. Era diventato apatico e raramente riusciva a scherzare e giocare con i compagni.
La notte tra il 20 e il 21 febbraio ha avuto un altro attacco, questa volta fatale. Nonostante i compagni di cella siano intervenuti prontamente chiamando l’infermiera di turno, che ha fatto tutto ciò che era in suo potere per salvarlo, non c’è stato nulla da fare! Alle ore 2:30 di mattina del 21 febbraio si è spento, allungato sul pavimento della cella!
Il sistema giudiziario ha fatto un’altra vittima, ha trasformato una condanna a due anni e due mesi di reclusione in una condanna a morte! Una morte annunciata, prevedibile e, forse, evitabile. E se non evitabile certamente sarebbe potuta avvenire in un contesto più decente, stretto dai suoi familiari.
Noi, i suoi compagni di sezione, vogliamo trasmettere le condoglianze alla famiglia e vogliamo sensibilizzare le autorità competenti ad una valutazione più personale e meno burocratica delle condizioni dei detenuti nelle carceri italiane. (EMILIAN DIMA MIHAI)”. Si legge così in una nota di Voci di dentro.