Lanciano. E’ in pietra della Majella e raffigura una donna con un bambino fra le braccia, la gonna impigliata nel filo di ferro, che riesce a liberarsi e continuare il viaggio. Accanto una ruota, simbolo del viaggio, del cammino di un popolo. E’ il monumento al ‘Samudaripen’ inaugurato a Lanciano nel Parco delle Memorie, scultura realizzata da Tonino Santeusanio grazie a una raccolta fondi promossa, tramite un comitato internazionale, da Santino Spinelli, artista e docente universitario, ambasciatore della cultura Rom nel mondo.
Un monumento per ricordare, primo in Italia, la persecuzione razziale e lo sterminio di cinquecentomila fra Rom e Sinti in Italia e Germania tra 1935 e 1945. Spinelli è anche autore della poesia ‘Auschwitz’ (nelle lingue Romanì, italiano, inglese ed ebraico) sul basamento del Monumento, incisa su ceramica laertina donata dal Comune di Laterza (Taranto), città gemellata con Lanciano. La stessa poesia è sull’unico altro monumento al Samudaripen in Europa il Roma Memorial di Berlino.
“Inaugurare un monumento alla memoria dello sterminio di Rom e Sinti attuato dai nazisti è un atto dovuto e anzi giunge con troppo ritardo. La Shoah degli Ebrei e il Porrajmos dei popoli nomadi sono parte di uno stesso progetto disumano. Io ricordo, perché io c’ero”. Così la senatrice a vita Liliana Segre nel messaggio inviato a Lanciano dove oggi, nel Parco delle Memorie, davanti a Villa Sorge che fu campo di internamento, è stato inaugurato il primo monumento in Italia dedicato al ‘Samudaripen’, il genocidio di oltre mezzo milione di Rom e Sinti perpetrato nei campi di sterminio dal nazifascismo durante la Seconda guerra mondiale. Il messaggio è stato letto dal senatore Luigi Manconi, presidente dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar), e applaudito dai tanti presenti. “C’ero in quei campi di sterminio in cui, insieme agli ebrei, anche altre minoranze vennero annientate. Tra queste, il gruppo più numeroso fu proprio quello degli appartenenti alle popolazioni dei Rom e Sinti. E dire che ad Auschwitz inizialmente la condizione dei prigionieri nel ‘lager degli zingari’ aveva suscitato la nostra invidia. Lì non erano stati separati, gli uomini dalle donne, gli abili al lavoro dagli inabili, e le famiglie vivevano unite nelle loro baracche, e avevano conservato anche i loro vestiti. Sentivamo le loro voci, le voci dei bambini, li consideravamo fortunati. Solo dopo capimmo cosa li aspettava. Ce ne accorgemmo una mattina in cui quei rumori non li sentimmo più e nelle loro baracche vuote regnava un silenzio spettrale”. “Durante la notte tutti, uomini, donne, bambini, vecchi – continua il messaggio di Liliana Segre – erano stati portati nelle camere a gas e sterminati. Chi ha vissuto tutto ciò non può non trovare scandaloso l’oblio che perlopiù è caduto sullo sterminio dei nomadi. Il monumento che oggi inaugurate è giunto troppo tardi e sicuramente è troppo poco, ma se serve a riprendere un cammino di memoria, di conoscenza e di coscienza costituirà comunque un primo passo importante e significativo”.