Chieti. L’attività di controllo del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Chieti, finalizzata anche alla prevenzione dei reati societari e fallimentari, svolta peraltro nel periodo di emergenza sanitaria da COVID 19 e durata oltre un anno, trae origine da una procedura fallimentare poi confluita in un’indagine della locale Procura della Repubblica tesa a chiarire le eventuali responsabilità penali in ordine al fallimento di una società operante in Abruzzo per un breve periodo del 2016 nel settore del commercio all’ingrosso della carne.
I preliminari rilevamenti effettuati dalla curatela fallimentare provavano già l’inesistenza di entrambe le sedi dichiarate dalla società nonché l’impossibilità di rintracciare l’amministratore e rinvenire le scritture contabili obbligatorie.
La successiva attività investigativa posta in essere dai finanzieri, anche attraverso l’esecuzione di accertamenti bancari e di riscontri presso fornitori, clienti e trasportatori nonché l’utilizzo delle banche dati in uso al Corpo, faceva emergere un articolato meccanismo di frode, posto in atto in un breve periodo del 2016, in cui la società fallita era stata appositamente “interposta” tra allevatori di carne del cuneese ed un’importante società pugliese operante nello stesso settore merceologico.
L’attività investigativa evidenziava che la fallita, costituita ad hoc, tuttavia priva, di fatto, di una propria autonomia finanziaria, nei primi mesi del 2016, grazie alla conoscenza sul mercato ed alla “caratura economica” della società pugliese, instaurava rapporti commerciali con gli allevatori di carne piemontesi acquistando diverse partite di merce.
Nei successivi mesi, dopo aver acquistato una certa fiducia da parte di questi ultimi, la società teatina riusciva a ottenere grandi quantità di carne per un valore di circa 900 mila euro, consegnando agli ignari allevatori assegni del tutto privi di copertura e ponendo in essere una consistente truffa in loro danno.
La prosecuzione delle indagini permetteva di rilevare che la parte più rilevante della merce veniva destinata in Puglia nonostante fosse formalmente diretta allo stabilimento abruzzese come indicato dai documenti commerciali.
Gli investigatori hanno rinvenuto parte della documentazione fiscale della società fallita emessa a fronte di cessioni ritenute soggettivamente inesistenti, con l’ulteriore scopo di consentire alla società pugliese, secondo i criteri di deducibilità dei costi e detraibilità delle imposte versate, l’evasione delle imposte sul reddito e dell’IVA.
Tale condotta, consistente nella realizzazione di una architettura contabile decettiva, è risultata per l’Autorità Giudiziaria inquirente concretamente idonea ad ostacolare il percorso di provenienza della carne, creando la parvenza di un effettivo rapporto commerciale con la società pugliese in modo che la pluralità di transazioni intorbidisse qualsivoglia tentativo di ricostruzione della situazione patrimoniale della fallita, in pregiudizio dei creditori.
Al termine delle indagini sono stati deferiti all’Autorità Giudiziaria il rappresentante legale della fallita (D.P. 66 anni) e l’amministratore delegato della società pugliese (S.D. 64 anni), ritenuto l’amministratore di fatto, per i delitti di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale, truffa aggravata continuata, auto-riciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Su disposizione del G.I.P. presso il Tribunale di Chieti Dott. Andrea Di Berardino, in accoglimento di analoga richiesta partita dalla Procura della Repubblica, nella persona del Sostituto Procuratore Giuseppe FALASCA e controfirmata dal Procuratore, dott. Francesco Testa, i finanzieri del Nucleo PEF di Chieti hanno dato esecuzione all’ordinanza applicativa di misure coercitive nei confronti dei due responsabili nonché al sequestro preventivo del provento poi riciclato ammontante a complessivi € 895.952,64 e corrispondente al valore della merce non pagata dalla fallita e sottratta alla procedura fallimentare.