Inquinamento di Bussi, in 4 chiedono i danni

Il 15 giugno prossimo dinanzi al giudice di pace di Chieti ci saranno le prime 4 udienze di precisazioni, conclusioni e discussioni delle prime 4 sentenze pilota avviate dal Codacons Abruzzo per conto di 4 consumatori che hanno accusato l’azienda acquedottistica che fornisce acqua potabile nel chietino e nel pescarese.

Hanno chiesto 20mila euro di risarcimento danni, 5mila per ciascun soggetto proponente, perché sono convinti che già dal 2004 l’azienda conoscesse che nel campo pozzi di Sant’Angelo di bussi almeno tre pozzi fossero altamente inquinati. Nonostante il quadro fosse già chiaro all’epoca, ai consumatori dell’area metropolitana Chieti-Pescara sarebbe stata somministrata acqua nociva per la salute, soprattutto di bambini e soggetti anziani.

Le quattro procedure avviate dai consumatori, e di cui si sta occupando l’avvocato Vittorio Ruggieri, potrebbero essere una sorta di start up in quanto altri cittadini potrebbero a questo punto seguire lo stesso percorso. I ricorrenti sono piuttosto agguerriti. Nel loro esposto citano inoltre che in zona negli ultimi tempi erano aumentati casi di neoplasie e malattie endocrine. E molti, dopo la scoperta dell’inquinamento dei pozzi di Bussi, hanno temuto il peggio per la loro salute. Un vero e proprio incubo.

Il Codacons è convinto che il giudice di pace Mariaflora Di Giovanni possa dare ragione ai ricorrenti, soprattutto sulla scorta di una sentenza di Cassazione. La Suprema Corte, infatti, si era pronunciata sul caso Icmesa del disastro Seveso con la vicenda della diossina di metà anni ’70. Nel 2009 aveva stabilito un risarcimento nei confronti di 86 cittadini residenti nelle immediate vicinanze del complesso dell’Icmesa. Un danno non patrimoniale, ma un danno legato alla sofferenza di vivere nella paura di ammalarsi, e dovuto anche al patema d’animo. Il caso Bussi, secondo l’avvocato Ruggieri non è poi molto differente dal caso Seveso.

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