Chieti. “Ringraziando il presidente Attili e i Lions Club per questa preziosa iniziativa, do il mio benvenuto agli ospiti presenti dichiarando che è sempre un piacere offrire il Teatro Marrucino per incontri importanti come quello che avremo da qui a poco”.
Lo ha detto oggi pomeriggio il sindaco di Chieti, Umberto Di Primio, durante il suo intervento alla presentazione dell’ultimo libro dell’arcivescovo di Chieti-Vasto, Mons. Bruno Forte, “Perchè il vangelo può salvare l’Italia”, tenutosi al Teatro Marrucino.
“È un orgoglio, infatti, per la città – ha continuato Di Primio – avere sempre più spesso momenti di così profonda attualità. Anche se questa sera il mio contributo si limiterà ai saluti istituzionali, vorrei lasciare due brevissime riflessioni legate a due capitoli del libro di padre Bruno: la prima sulla utilità o inutilità della verità, la seconda relativa all’ auspicio ovvero la possibilità di non avere un paese diviso. La prima riflessione, la verità, credo sia di importanza fondamentale, in quanto senza verità non si può costruire nulla e tutto ciò che è stato costruito senza di essa ha basi talmente fragili da non avere futuro, e questo lo dico da politico, cristiano e da uomo che vive questo mondo globalizzato. La seconda riflessione, invece, quella della speranza di non avere un paese diviso investe un processo culturale al quale tutti dobbiamo abituarci. Il sogno di un paese non diviso, infatti, è una tendenza culturale sulla quale noi tutti dobbiamo puntare. È attraverso la diversità che si ritrova la forza ma è nella conoscenza che si impara a non aver paura degli altri. Mons. Forte, qualche tempo fa, in un dibattito tenutosi su questo palcoscenico, mi ha definito ingenuo, perché alla domanda postami su chi buttare prima dalla torre, un emigrato o un cittadino italiano, io ho detto che mi sembrava una cosa assurda pensare che ancora oggi una politica possa dividersi su chi buttare prima dalla torre dei due esseri umani. Oggi, quindi – ha concluso il sindaco del capoluogo teatino – voglio ribadire la mia normalità. Non credo, infatti, di essere ingenuo ma forse è diverso e poco attento chi crede che debbano farsi le differenze sul riconoscimento dei diritti dell’uomo”.