Per la prima volta una sentenza emessa da un tribunale italiano riconosce il nesso tra l’utilizzo scorretto del cellulare e l’insorgenza di un tumore.
Il Tribunale di Ivrea ha riconosciuto come malattia professionale il tumore, benigno ma comunque invalidante, diagnosticato a Roberto Romeo, dipendente di una grande azienda di telecomunicazioni, che per ragioni di lavoro ha dovuto utilizzare il cellulare per oltre tre ore al giorno, lungo un periodo di 15 anni.
Condannando l’Inail a versare all’uomo una rendita vitalizia da malattia professionale, il tribunale piemontese ha riconosciuto ufficialmente, per la prima volta in Italia, un nesso causale tra l’uso eccessivo del cellulare e l’insorgenza di un tumore.
La sentenza è stata emessa lo scorso 30 marzo, ma è stata resa pubblica solo oggi dagli avvocati di Romeo, sperando che la vicenda del loro assistito possa essere il volano di una grande campagna di sensibilizzazione sul corretto uso dei cellulari.
Auspicio condiviso dallo stesso Romeo che ha dichiarato: “Non voglio demonizzare l’uso del telefonino, ma credo sia necessario farne un uso consapevole. Ero obbligato – continua Romeo – ad utilizzare sempre il cellulare per parlare con i collaboratori e per organizzare il lavoro. Per 15 anni ho fatto innumerevoli telefonate anche di venti e trenta minuti, a casa, in macchina. Poi ho iniziato ad avere la continua sensazione di orecchie tappate, di disturbi all’udito. E nel 2010 mi è stato diagnosticato il tumore”.