Bologna. “L’Italia s’è desta”. Con queste parole il super ospite della serata Roberto Benigni saluta le migliaia di persone, 30mila per gli organizzatori, che ieri sera hanno invaso il parco Angeletti di Bologna. Ettari di verde che hanno preso vita, animati dal grido dei precari, di quei giovani stanchi di una politica che ormai non li tutela più, ma li strumentalizza a suo piacimento, a destra e a sinistra.
Come un urlo di disperazione, che dal palco si propaga a macchia d’olio tra quelle facce piene di rabbia, di voglia di cambiare. Tutti in piedi, entra il lavoro! Quel lavoro bistrattato, svalutato, al quale giorno dopo giorno la cattiva politica sta togliendo la dignità. Obiettivo del nuovo millennio è recuperare “l’amore” e la passione per il lavoro che ognuno di noi fa, grida dal palco il premio Oscar toscano che osanna, con la sua tipica verve, “l’Italia migliore”.
“Niente battute su Brunetta” dice “sarebbe come sparare sulla crocetta rossa”. E il pubblico si infervora, urla, applaude. Quelle parole dette dal Ministro ad una precaria durante un convegno non sono proprio scese giù al popolo dei precari, dei giovani ricercatori, di quei pluri-titolati, con lauree, master, dottorati e specializzazioni costretti ad “accontentarsi”.
È questa l’Italia che si ribella, che dice basta a chi calpesta i suoi diritti. “Ci hanno tolto tutto, ma non ci toglieranno la dignità” dice una giovane precaria della scuola siciliana. La rabbia delle giovani generazioni è un fiume in piena. “Siamo incazzati perchè sentiamo sempre parlare di merito da chi il merito l’ha comprato” grida un giovane ricercatore costretto a fuggire dall’Italia. E ce n’è per tutti, maggioranza e opposizione che, “chiusi nelle loro auto blu e nei loro palazzi, non sentono il soffio del vento che cambia”.
E il vento pare proprio stia cambiando, a partire dai quei quattro SI esplosi in occasione del referendum del 12 e 13 giugno scorso.
Sul palco si alternano i protagonisti dell’Italia che si ribella, da Serena Dandini, presentatrice della serata (“siete i soliti comunisti”) al vignettista Vauro che, con le sue incursioni, veste i panni del sommo poeta Dante Alighieri e regala battute pungenti sulla politica e il mondo del sindacato (“Bonanni è come Paolini: compare sempre alle spalle della Mercegaglia”). E poi, ancora, il sostituto procuratore Antonio Ingroia (“i magistrati si isolano da vivi perchè sono molto meglio morti”), il giornalista più temuto dalla politica italiana, Marco Travaglio, che si scaglia contro quelli che “si spacciano per giornalisti di destra, ma in realtà non hanno nulla a che fare con il giornalismo e tanto meno con la destra: sono semplici leccaculo”. E descrive, con la sua solita pungente ironia, “l’isola che non c’è, dove vivono Elvis Presley, Moana Pozzi, Mickael Jackson, l’attentatore di Belpietro e la fidanzatina di Silvio Berlusconi”.
Una pausa musicale con i Subsonica e Daniele Silvestri e il palco torna a scaldarsi con il mattatore Benigni. “Di fronte al lavoro, non solo tutti in piedi, ma via il cappello! Il lavoro non deve essere una necessità, ma un servizio divino. Amate il vostro lavoro e su questo costruiamo le basi della società di domani”.
Da qui in poi è un’alternanza di interventi sul palco, magistralmente guidata da un Michele Santoro che da dietro le quinte “manovra” l’ingresso di Sandro Ruotolo, il “padrone”di casa Maurizio Landini, segretario della Fiom, che quest’anno celebra i 110 anni di vita, la giornalista “ribelle” del Tg1 Elisa Anzaldo, Max Paiella nei panni di Augusto Minzolini, il giornalista di AnnoZero Stefano Binchi, che porta sul palco il pastore sardo, l’immigrata e Oscar, cresciuto nell’amianto. Fino a quando arriva il suo turno. Michele Santoro che, vestito da operaio, saluta le migliaia di persone, giunte da ogni parte d’Italia, in tanti anche dall’Abruzzo. E lo fa rivolgendosi direttamente al premier Silvio Berlusconi: “Presidente, ci saranno i lavoratori nel futuro di questo Paese? Io rispondo quattro volte SI”. Ed è un tripudio di applausi, urla di ribellione, che si uniscono alla voce di Teresa De Sio che sul palco saluta il popolo dei “ribelli” al grido di “Tutto cambia”.
Ma cambierà davvero qualcosa?