Lanciano, evasione fiscale: finanza sequestra beni per 2mlioni

finanzaLanciano. La finanza sequestra beni per 2milioni di euro. Il nucleo di polizia tributaria, delle fiamme gialle della finanza di Chieti, questa mattina, ha sottoposto a sequestro preventivo (provvedimento firmato dal gip del tribunale di Lanciano, Massimo Canosa), una serie di beni mobili ed immobili di proprietà di alcune società, coinvolte in un giro di false fatturazioni, che lo scorso dicembre avevano prodotto l’arresto di due persone e il coinvolgimento di altri otto imprenditori.

L’indagine, che oggi ha prodotto il sequestro di una serie di beni, ha consentito di portare alla luce un sistema fraudolento che uno degli imprenditori arrestati nel dicembre scorso (P.V. di 45 anni), finalizzato ad evadere il Fisco attraverso la sistematica costituzione di società fittizie e l’emissione di false fatture a compendio di operazioni inesistenti. La misura cautelare firmata dal gip, è il frutto di una serie di accertamenti patrimoniali e finanziari, disposti dalla procura, che hanno riscontrato una serie di atti negoziali messi in atto dopo l’avvio delle indagini: intento, questo, che secondo gli inquirenti avevano l’unico obiettivo di sottrarre i beni alle procedure esecutive erariali (sequestri da parte di Equitalia per debiti tributari). I sequestri, frutto di un’azione coordinata a livello provinciale con l’impiego di 30 uomini, consistono: in appezzamenti di terreno (25), unità immobiliari (82, alcune delle quali in costruzione), 29 auto, 4 moto, 29 conti correnti, un ramo di azienda e le quote societarie di una società. Il giro di false fatture, sarebbe di 2,5milioni di euro. Nel dettaglio, il sistema fraudolento consisteva nell’emissione di false fatture, da parte di società amministrate da prestanome, e comunque tutte riconducibili ad una stesso soggetto, che operava con apposite deleghe. Chi utilizzava le fatture, (C.C. arrestato tre mesi fa), assieme agli 8 imprenditori indagati, invece, provvedevano ad annotarle in contabilità e a dichiararle al Fisco, in modo da ottenere risparmi d’imposta, su operazioni in realtà inesistenti. Le false operazioni erano pagate con somme derivanti dai conti correnti intestati alle società, che una volta ricevute in pagamento, erano restituite attraverso degli assegni negoziati per cassa.

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