Riconoscere le varie specie di pesce può non essere semplice e il rischio della truffa alimentare è sempre dietro l’angolo; gli eurodeputati prendono posizione e propongono un sistema di tracciabilità a prova di ingenuo.
L’acquisto del pesce è sempre un momento delicato, i consumatori più esperti ed attenti sanno riconoscere ad occhio le varie specie ittiche, altri si affidano solo a fornitori di fiducia ma non tutti hanno questa fortuna. Può accadere poi che alcuni commercianti disonesti sfruttino le somiglianze tra alcune specie per vendere prodotti di poco valore e a volte anche di dubbia provenienza, spacciandoli per specie di pregio, come ad esempio può accadere per gli halibut spacciati per sogliole, i pesci serra venduti come spigole, per non parlare del pangasio, spesso proveniente dal delta di uno dei dieci fiumi più inquinati del mondo, il Mekong, che invece arriva nei nostri piatti spacciato per Cernia; l’elenco potrebbe essere ancora lungo e per i non addetti ai lavori e veramente difficile venire a capo del problema.
Nell’interesse del consumatore, il parlamento Europeo ha quindi dichiarato guerra alle truffe sul pesce, appellandosi alla Commissione Europea affinché si inizi a ragionare su di una nuova etichettatura, basata su un sistema di tracciabilità forte per tutti i prodotti ittici. Come afferma Lasse Gustavsson, direttore esecutivo della ong di protezione del mare Oceana, “un sistema di tracciabilità dalla barca al piatto, non solo è necessario per tutelare i consumatori,ma è cruciale per garantire la sostenibilità delle nostre politiche sulla pesca in Europa, in particolare per prevenire l’ingresso sul mercato di pesce fuorilegge o non sicuro”.
Sul tema, è intervenuta anche l’associazione di settore Coldiretti Impresapesca, che ha sottolineato come la materia sia di particolare rilevanza soprattutto in Italia, paese dove più di due pesci su tre provengono dall’estero. Di diverso avviso invece, il commissario europeo alla pesca Karmenu Vella, che invitando ad evitare facili allarmismi, ha rimarcato come i recenti controlli, svolti in 29 paesi europei, abbiano rilevato solo il 6% di irregolarità, “La situazione nell’Ue non è allarmante e il consumatore non dovrebbe essere portato a ritenere il contrario”, continua Vella, che ha comunque annunciato la realizzazione, a breve, di uno studio di fattibilità per un sistema di “eco-etichettatura” per i prodotti di pesca e acquacoltura.
(nella foto di apertura, un gigantesco halibut, pesce i cui esemplari di dimensioni inferiori vengono spacciati per sogliole)